Le forze militari irachene, sostenute da aerei, droni ed elicotteri, sono entrate oggi all’aeroporto internazionale di Mosul, snodo nevralgico per il controllo della città del Nord dell’Iraq, roccaforte dei jihadisti del Gruppo dello Stato islamico. Le forze della polizia federale hanno preso il controllo della pista, mentre i combattimenti sono ancora in corso, con i jihadisti che difendono strenuamente le loro postazioni in alcuni quartieri cittadini.

L’assalto è stato lanciato questa mattina, nel quinto giorno di un’offensiva che ha l’obiettivo di riconquistare il controllo dell’intera città. Già da un mese, le forze di Baghdad avevano dichiarato libera dall’Isis tutta la parte Est di Mosul. “Siamo entrati all’aeroporto e le nostre unità del genio stanno bonificando le strade” dagli ordigni esplosivi lasciati dall’Isis, ha confermato Hisham Abdul Kadhem. Kadhem comanda il reggimento Scorpion della Forza di reazione rapida del ministero dell’Interno che, con la polizia, conduce questa offensiva da Sud. I militari, che hanno dato via all’assalto questa mattina presto, hanno sparato una raffica di colpi di mortaio, mentre elicotteri d’attacco e altri velivoli hanno aperto la strada alle truppe di terra. La coalizione guidata dagli Stati Uniti ha giocato un ruolo chiave nel sostenere le forze irachene con attacchi aerei e consiglieri militari a terra, e le forze Usa hanno accompagnato l’offensiva schierando alcuni veicoli corazzati.

La conquista dell’aeroporto apre la strada a un successivo assalto alla periferia Sud-Ovest di Mosul, in prossimità del fiume Tigri, che divide in due la città. Secondo responsabili statunitensi dei servizi segreti, circa 2.000 jihadisti si trovano ancora a Mosul. Il loro numero era stimato fra i 5.000 e i 7.000 prima dell’inizio dell’offensiva, il 17 ottobre. Mentre la battaglia in corso si annuncia come una delle più sanguinose contro l’Isis, l’Onu e le ong hanno espresso la loro preoccupazione per il destino dei 750.000 abitanti di Mosul Ovest, quasi la metà dei quali sono bambini. Le loro condizioni di vita sono molto precarie e l’accesso ai beni di prima necessità pressoché nullo.

(fonte afp/23 febbraio 2017)