La gestione del post terremoto è già partita. Superata l’emergenza, inizierà lo sgombero delle macerie per arrivare a una prima stima dei danni. Quindi entro un mese le persone abbandoneranno le tende e saranno alloggiate nei primi edifici su moduli, successivamente nelle casette in legno. Secondo i  4-5 mesi tutti dovrebbero avere una sistemazione stabile ed entro 6-8 mesi partirà la ricostruzione secondo quella è stata definita la “filosofia del tutto dov’era e com’era”.

Il premier Renzi proprio ieri è volato a Genova per coinvolgere l’architetto e senatore a vita Renzo Piano, a cui ha chiesto suggerimenti e la disponibilità a collaborare. Secondo Piano le priorità dovranno essere date alle strutture pubbliche (ospedali e scuole) e tutti i presìdi dello Stato che facciano sentire forte il valore della comunità. Per il privato, come Piano ha ribadito anche in passato, la formula potrebbe essere collegata a un sistema di investimenti e di incentivi. Come scrive oggi La Stampa già dopo il sisma dell’Aquila l’architetto-senatore aveva ribadito contrarietà alle cosiddette “new town”, “una scelta che si è rivelata un errore madornale”. Oggi non ha cambiato idea a riguardo: “La diaspora delle famiglie provoca disastri affettivi. La gente non deve essere allontanata”. L’idea di fondo è quella di un “cantiere leggero”: costruzioni realizzate in breve tempo, di legno, economiche. Alla fine dell’emergenza, è facile riciclarle e fare tornare alla situazione originaria i terreni che le ospitano. 

Un piano di ricostruzione secondo criteri antisismici e di ristrutturazione del patrimonio immobiliare oggi più a rischio dovrà essere necessariamente di ampio respiro e richiederà investimenti ingenti. Proprio per questo l’obiettivo del governo è quello di battersi per ottenere che le spese per finanziarlo non siano computate nel rapporto tra deficit e pil secondo le regole imposte dall’Europa, facendo scattare una specifica clausola (prevista del resto dai trattati Ue) che esenta questo tipo di investimenti dal computo del deficit ai fini del Patto di Stabilità. Non esistono ancora stime definitive sul costo complessivo di un tale piano di seismic retrofit. Secondo uno studio del Consiglio nazionale degli ingegneri nel 2013 è stato calcolato un costo di 93,7 miliardi per tutti gli edifici privati. Un altro studio dell’Oice, che propone di agire solo sugli edifici nelle aree ad elevato rischio sismico sarebbero invece sufficienti 36 miliardi.  

Intanto la procura di Rieti indaga su lavori di adeguamento per scongiurare il rischio sismico che invece si sono limitati a semplici migliorie. Come nel caso del campanile di Accumoli dopo il terremoto del 1997. Sono state ordinate superperizie anche sulla scuola di Amatrice, ristrutturata nel 2012 con il coinvolgimento di una ditta indagata per il sisma dell’Aquila e già bisognosa di urgenti interventi di ristrutturazione.

(com.unica, 29 agosto 2016)