Avrebbe dovuto compiere 108 anni tra poco più di un mese. Lucido e attivo fino all’ultimo, con lo sguardo sempre rivolto al futuro.

Il critico d’arte e artista Gillo Dorfles è morto ieri a Milano all’età di 107 anni. Era nato a Trieste in un’epoca in cui il capoluogo friulano faceva ancora parte dell’impero Austro-Ungarico, il 12 aprile del 1910. In quello stesso anno in Messico Emiliano Zapata iniziava la lotta armata che lo avrebbe condotto qualche anno dopo alla conquista del potere; in Europa il giovane Modigliani esponeva al Salon d’Automne di Parigi, raccogliendo un buon successo di critica, mentre Pablo Picasso dipingeva uno dei capolavori del cubismo, il Ritratto di Ambroise Vollard. Sempre lucido e in attività fino all’ultimo, lo scorso gennaio Dorfles aveva inaugurato a Milano una mostra di suoi dipinti realizzati tra il 2010 e il 2016, firmati con il nome alchimistico di Vitriol.

Uomo dai mille interessi, è stato soprattutto un testimone eccezionale del Novecento, esploratore curioso e protagonista in mondi diversi e non sempre contigui: dalla filosofia all’arte, dalla musica alla moda, dalla comunicazione di massa all’antropologia. “Se dovessi spiegare chi è stato Gillo a un ragazzo” – ha detto ieri l’architetto milanese Stefano Boeri – direi che è stato una sorta di esploratore inquieto della cultura, soprattutto dell’arte, del ‘900 e anche del decennio successivo”. Tra tutte le svariate discipline del sapere bisogna includere, non da ultima, la medicina: era infatti laureato proprio in Medicina con specializzazione in Psichiatria. Ma capì presto che non sarebbe stata quella la sua professione: “Ricordo i primi pazienti che interrogai – ha raccontato in una recentissima intervista ad Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera. “Un paranoico si credeva Gesù. Un uomo raccontava di aver partorito quattro gemelli di dieci chili l’uno. Un altro viveva in uno stato di priapismo continuo, e disegnava ovunque maialini. Capii allora che il mio mestiere non era la medicina, ma l’estetica”. Parallelamente ai suoi studi aveva infatti già cominciato a interessarsi alla pittura e a tutte le forme artistiche. È stato professore di Estetica presso le Università di Milano, di Cagliari e di Trieste.

Fondatore, nel 1948, del Movimento per l’arte concreta, ha preso parte a numerose mostre ed ha esposto i suoi dipinti alla Libreria Salto di Milano nel 1949 e nel 1950 e in svariate collettive, tra le quali la mostra del 1951 alla Galleria Bompiani di Milano, l’esposizione itinerante in Cile e Argentina nel 1952, e la grande mostra Esperimenti di sintesi delle arti, a Milano. Numerosissimi i riconoscimenti internazionali sia come artista che come critico. Negli ultimi decenni gli sono state dedicate mostre e installazioni a New York (Wittenborn Gallery, 1955), Milano (Padiglione d’Arte Contemporanea, 2001; Palazzo Reale, 2010; Fondazione Marconi, 2014), Trieste (Museo Revoltella, 2007), Chiasso (Max Museo, 2010), Rovereto (Mart, 2011), Urbino (Casa Raffaello, 2014), Roma (Macro, 2015), Lugano (Studio Dabbeni, 2016). 

Tra le sue tantissime pubblicazioni ne ricordiamo solo alcune: Discorso tecnico delle arti (1952), Le oscillazioni del gusto(1958), Architettura moderna (1954), Il divenire delle arti (1959), Ultime tendenze dell’arte oggi (1961), L’estetica del mito (1967), Il Kitsch (1968), Mode & Modi (1978), La (nuova) moda della moda (2008), Itinerario estetico (2011). E infine le più recenti: l’autobiografico Paesaggi e personaggi (2017) e La mia America, che uscirà postumo il prossimo 5 aprile per Skira, a cura di Luigi Sansone. Quest’ultimo libro raccoglie articoli e altri scritti inediti sulla pittura, l’architettura, il design e l’estetica americana. Un’opera che è anche frutto di incontri con personalità di primo piano, dai più noti studiosi di problemi estetici e critici d’arte come Thomas Munro, Clement Greenberg, James Sweeney, Alfred Barr, Rudolf Arnheim, György Kepes) e con celebri architetti della East e West Coast, da Frank Lloyd Wright, Mies van der Rohe, Louis Kahn a Frederick Kiesler.

Nell’intervista ad Aldo Cazzullo, Dorfles aveva toccato anche il tema della longevità: “Com’è la vita oltre i cent’anni? Non amo l’argomento. Ci si annoia, perché si fatica a leggere. Le novità mi piacciono, ho anche preso il cellulare. Non sono morigerato, ho sempre mangiato le cose che mi piacevano: gli gnocchi alla romana, i carciofi, i tartufi; e i fritti. Sono un discreto cuoco, specialità fiori di zucca. Ho sempre bevuto vino rosso, ho una passione per il cannonau. Una volta lo dissi in tv e vari produttori sardi mi mandarono a casa una cinquantina di bottiglie. Poi purtroppo hanno smesso”.

(Sebastiano Catte, com.unica 3 marzo 2018)

*Nella foto un’installazione al Macro di Roma