“Sangue giusto” di Francesca Melandri (Rizzoli). Un passato coloniale che non è stato ancora elaborato, durante il quale l’Italia “imperiale” si macchiò di stragi e crimini efferati.

La guerra d’Etiopia (1935-1936) ha segnato la storia del Paese, e le tante vite (e coscienze) di coloro che quel conflitto cruento, di qualche anno precedente la seconda guerra mondiale, lo vissero, spesso credendo convintamente nel fascismo e nelle teorie sulla superiorità razziale che già allora venivano applicate (le prime leggi razziste furono infatti quelle contro il “meticciato”, che, tra le altre cose, vietavano le unioni tra italiani e africani, imponendo una netta separazione). Anticipando drammaticamente quanto avvenuto negli anni successivi nei confronti della minoranza ebraica.

Il tema è al centro del romanzo Sangue giusto di Francesca Melandri, pubblicato da Rizzoli. Oltre cinquecento pagine in cui si alternano vicende dei nostri giorni a flashback che ripercorrono la vita dell’ormai anziano Attilio Profeti, soldato in Etiopia negli anni ’30. La storia inizia con lo stupore di una donna, Ilaria, che trova ad attenderla, di fronte alla porta di casa, un ragazzo con la pelle nera e le gambe lunghe, che le mostra un passaporto. “Mi chiamo Shimeta Ietmgeta Attilaprofeti” le dice, “e tu sei mia zia.”

All’inizio Ilaria pensa sia uno scherzo. Di Attila Profeti lei ne conosce infatti solo uno: è il soprannome di suo padre Attilio, un uomo che di segreti ne ha avuti sempre tanti, e che ora è troppo vecchio per rivelarli. Shimeta dice di essere il nipote di Attilio e della donna con cui è stato durante l’occupazione italiana in Etiopia. E se fosse la verità? È così che Ilaria comincia a dubitare: quante cose, di suo padre, deve ancora scoprire? Le risposte che cerca sono nel passato di tutti noi: di un’Italia che rimuove i ricordi per non affrontarli, che sopravvive sempre senza turbarsi mai, un Paese diventato oggi, quasi per un dantesco contrappasso, il centro dell’Europa delle grandi migrazioni. Francesca Melandri, sceneggiatrice e scrittrice al suo terzo romanzo, si conferma autrice di rara forza e sensibilità. Il suo sguardo, attento e profondissimo, attraversa il Novecento e le sue contraddizioni per raccontare il cuore della nostra identità.

Marco Di Porto/MOKED, Il portale dell’Ebraismo italiano, 27 febbraio 2018