Perché l’Ucraina sta vincendo la guerra

Per Putin, l’Ucraina era un’illusione, «una falsa entità creata dall’Occidente per indebolire la Russia». L’analisi dello storico israeliano Yuval Noah Harari sul Financial Times
«Contrariamente alla narrativa spinta dalla propaganda russa, l’Ucraina finora sta vincendo la guerra». Così apre il suo articolo sul Financial Times Yuval Noah Harari, storico israeliano che da anni osserva con sguardo lucido gli scenari globali. Una frase che va controcorrente, soprattutto in un contesto in cui il Cremlino continua a insistere sulla propria “inarrestabile avanzata”.
Harari parte dal 2014, quando l’Ucraina appariva «completamente inerme di fronte all’aggressione russa» e la Crimea cadde in poche settimane. Il 24 febbraio 2022 segnò l’inizio della guerra totale: Mosca puntava a cancellare l’Ucraina come nazione indipendente, convinta di poter occupare Kiev in pochi giorni. Persino gli alleati occidentali non credevano nella resistenza, tanto da offrire a Volodymyr Zelensky la fuga. La risposta del presidente ucraino è ormai storia: «Ho bisogno di munizioni, non di un passaggio».
Da quel momento lo scenario cambiò. L’esercito ucraino respinse l’assalto su Kiev e, nell’estate del 2022, riconquistò Kharkiv e Kherson. «L’esercito ucraino – scrive Harari – ha stupito il mondo respingendo l’assalto russo e ottenendo vittorie decisive con armamenti limitati».
La stagnazione russa
Oggi, a più di tre anni dall’invasione, la linea del fronte si muove a fatica. La Russia, nonostante centinaia di migliaia di perdite, «ha conquistato solo una sottile striscia di territorio pari allo 0,6% dell’Ucraina», osserva Harari. Un ritmo che, se mantenuto, richiederebbe «cent’anni e decine di milioni di morti per conquistare il resto del paese». L’analisi richiama le trincee della Prima guerra mondiale, quando «generali spietati sacrificavano migliaia di uomini per pochi chilometri di fango». Allo stesso modo, Mosca parla di grandi progressi, ma basta guardare le mappe in scala per rendersi conto dell’insignificanza di tali “avanzate”.
Anche sul fronte marittimo la Russia ha perso l’iniziale superiorità. Nel febbraio 2022 la Flotta del Mar Nero dominava incontrastata. Poi, grazie a droni e missili, Kiev ha cambiato le regole del gioco. Il simbolo resta l’affondamento della Moskva, nave ammiraglia russa. «Gli ucraini hanno neutralizzato la superiorità navale russa e costretto le unità superstiti a rifugiarsi lontano dal fronte», scrive Harari.
Nemmeno in cielo Mosca ha avuto la meglio. L’aviazione russa non è mai riuscita a conquistare il dominio aereo, subendo perdite pesanti. Da qui il ricorso massiccio a droni e missili contro le città ucraine: una strategia del terrore che tuttavia non ha piegato la popolazione.
L’arma della propaganda
Se la Russia non riesce a prevalere sul campo, punta a logorare la volontà degli alleati. «L’anello debole della difesa ucraina è nella mente degli amici occidentali», avverte Harari. Il Cremlino diffonde l’idea di una vittoria inevitabile, sperando che americani ed europei si stanchino di sostenere Kiev. Ma ritirare l’appoggio sarebbe «un disastro non solo per l’Ucraina, ma per la stessa Nato», che perderebbe credibilità e deterrenza.
Oggi l’esercito ucraino conta circa un milione di soldati esperti, più di qualunque altro paese europeo. «Se domani la Russia attaccasse l’Europa e gli Stati Uniti restassero fuori dal conflitto – scrive Harari – la risorsa militare più grande del continente sarebbe proprio l’esercito ucraino».
Alla fine, la tesi centrale di Harari è che la guerra non si misura solo con i chilometri conquistati o i morti inflitti. «La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi. È vinta dalla parte che realizza i propri obiettivi politici». E su questo punto, la sconfitta di Putin è già sancita: non è riuscito a cancellare la nazione ucraina. Per il leader del Cremlino, l’Ucraina era un’illusione, «una falsa entità creata dall’Occidente per indebolire la Russia». La guerra doveva dimostrare che gli ucraini erano in realtà russi travestiti, pronti a tornare nel grembo di Mosca. Ma è accaduto l’opposto: «Al mondo intero è stato reso abbondantemente chiaro che l’Ucraina è una nazione reale, e che milioni di ucraini sono disposti a combattere con le unghie e con i denti per restare indipendenti».
Le nazioni, scrive Harari, «non sono fatte di zolle di terra o gocce di sangue, ma di storie, immagini e memorie nella mente delle persone». E la memoria dell’invasione, delle atrocità e dei sacrifici sarà il cemento del patriottismo ucraino per le generazioni a venire. In questo senso, conclude lo storico, l’Ucraina ha già vinto.
com.unica, 9 ottobre 2025 (a cura di Sebastiano Catte)