Dialoghi tra generazioni e piccoli disordini che salvano la vita al centro dell’ultimo saggio dell’editorialista del Corriere della Sera. Il libro sarà presentato a Oliena domenica 6 luglio

Sguardo sveglio e ironico, battuta affilata, Beppe Severgnini è un signore con i capelli bianchi dai modi gentili che ha attraversato gli ultimi decenni come un esploratore cosmopolita: corrispondente a Londra da allievo del grande Indro Montanelli, editorialista e prima firma del Corriere della Sera, autore di bestseller, conduttore televisivo, opinionista per testate internazionali come il New York Times o The Economist. Ma oggi, con il passo quieto del filosofo e la leggerezza di chi ha capito che la vita va anche presa un po’ in giro (a cominciare dalla sua), arriva in Sardegna per presentare il suo ultimo successo editoriale, che lo ha visto per molte settimane in testa alle classifiche di vendita: Socrate, Agata e il futuro. L’arte di invecchiare con filosofia (Rizzoli). Prima tappa al Festival delle Storie di Gavoi sabato 5 luglio (ore 22), a cui seguirà quella di Oliena domenica 6 luglio (ore 21) nell’Anfiteatro di piazza Berlinguer, intervistato dall’assessore alla cultura Pasquale Puligheddu. Inutile dirlo: saranno incontri da non perdere. Perché parlare del tempo che passa può diventare un esercizio di malinconia o di retorica. Ma se a farlo è Beppe Severgnini, armato di busto di Socrate con nipotina munita a sua volta di palloncini, allora il risultato non può che essere un concentrato di tenerezza, arguzia ed eleganza.

Il libro – un ibrido felice tra memoir, pamphlet filosofico e manuale di sopravvivenza gentile – prende avvio da una scena domestica: Agata, la nipotina di due anni e mezzo, infila un palloncino a forma di coniglio sulla testa di un busto di Socrate, sistemato in cucina. Ed ecco che nasce l’intuizione: mettere in dialogo la saggezza antica con l’imprevedibilità infantile, l’autunno della vita con la primavera perenne dei bambini. Il risultato è un viaggio tra oggetti che profumano di passato prossimo (segreterie telefoniche, occhiali azzurrati, registratori a cassette e autoradio estraibili ) e riflessioni che puntano dritte al cuore del nostro presente.

Severgnini non si nasconde: ha 68 anni, non vuole fare il giovanilista a tutti i costi, e soprattutto non vuole diventare un “vecchio barbogio”, categoria che, nel suo personale bestiario dell’invecchiamento, comprende quelli che si lamentano del traffico, delle nuove generazioni e dei ristoranti con la musica troppo alta. Preferisce l’autocritica all’egocentrismo, la gentilezza alla ruggine, la fantasia e l’ironia all’ossessione per la prestazione. Nel libro si ride (tanto), si riflette (ancora di più) e ci si specchia in quelle parole che, secondo il giornalista del Corriere, vanno curate come bonsai: con potature leggere, pazienza e tanto ascolto. Perché la vecchiaia – afferma – è un tempo in cui si ha meno bisogno di dire e molto più bisogno di capire. E per capire, spesso, basta ascoltare una bambina che inventa giochi, crea disordine, cambia le regole e ride di Socrate. O meglio: ride con Socrate. È un libro che sfida le convenzioni del marketing editoriale, infischiandosene delle raccomandazioni degli editor a evitare termini come “vecchiaia” o “anziani” in copertina. Severgnini invece li fa mettere proprio lì, sotto il naso del lettore, come a dire: il problema non sono le parole, ma cosa ci facciamo con esse.

Ci si aspetta che nel corso degli incontri di Gavoi e di Oliena si parli anche di questo: dell’Italia che invecchia, delle case che diventano troppo grandi per chi resta, della rottamazione immobiliare, ma anche delle madeleine proustiane che ognuno di noi conserva. E poi ancora: del rapporto tra le generazioni, della necessità di farsi da parte per lasciare spazio, ma anche della bellezza di esserci – presenti e lucidi – quando il mondo sembra correre senza aspettarci. Sarà un incontro fatto di domande più che di risposte. Perché, come osserva l’autore, “serve più coraggio a porre buone domande che a fornire buone risposte”. E se le domande arrivano da chi ha frequentato Montanelli e Harari, Cicerone e Haruf, le aule universitarie di Oxford e di Pavia, Socrate e Agata, è il caso di fermarsi ad ascoltare. In fondo, Socrate, Agata e il futuro è un libro che può leggere chiunque: chi ha già una certa età e vuole viverla bene; chi è giovane ma teme il tempo che passa; chi ha figli, nipoti o un busto di un filosofo greco in cucina. È un invito a vivere con decenza, curiosità e ironia. Un elogio del rallentare senza smettere di pensare. Un atto di generosità verso chi verrà dopo.

Sarà quindi un incontro con un testimone privilegiato del nostro tempo che, anziché predicare dal pulpito, preferisce chiacchierare accanto a un tavolino, tra una battuta e una citazione, lasciando che le idee circolino come palloncini colorati sopra la testa di Socrate. L’auspicio è che, alla fine della serata, qualcuno possa andar via con una domanda in più e una preoccupazione in meno.

Sebastiano Catte, com.unica 1 luglio 2025

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