[ACCADDE OGGI]

Arrivarono con le bombe, i missili e i carri armati a Baghdad il 9 aprile 2003 per portare la democrazia. Il mondo rivide questa volta in televisione le solite scene di tripudio intorno ai cingolati a stelle e strisce, le stucchevoli immagini del lancio di caramelle e cioccolatini e, naturalmente, l’aiuto fornito anche con i bulldozer per abbattere le statue e i simboli del passato regime. Ma la democrazia, la loro democrazia, rafforzata dalla colossale menzogna della necessità di fermare le armi di distruzione di massa che gli iracheni non possedevano, non solo non arrivò ma fece tornare il paese indietro di un quarto di secolo consegnandone la metà allo stato islamico dei fondamentalisti wahhabiti.

In vero la democrazia, soprattutto quella americana, consiste anche nel saper riconoscere gli errori, magari con cadenze quadriennali e a seconda dei cambi di leadership, ma le conseguenze di quegli errori a pagarle sono sempre gli altri, i più deboli e i sottomessi. Tornando a quel 9 aprile di tredici anni fa il crollo del regime dittatoriale di Saddam Hussein illusosi di resistere alla legge del più forte riportò l’Iraq alle lotte tra etnie e sette religiose e si rividero le scene delle zone di influenza A e B come a Berlino del dopo Hitler. Ma Baghdad non è Berlino e l’Iraq non è la Germania. Hitler si uccise con la moglie e il cane mentre Saddam nascostosi in una tana fu catturato e consegnato alla feroce vendetta dei suoi ex sudditi che gli inventarono un processo farsa scritto con il nodo del cappio.

Il mondo rabbrividì dinanzi alle immagini di quella esecuzione in diretta televisiva. Ancora ci si raccapriccia e ci si interroga nel constatare le conseguenze di quell’errore americano della guerra del golfo che tanti lutti e devastazioni ha portato nel mondo.

(Franco Seccia/com.unica, 9 aprile 2019)