Prosegue la traduzione del complesso testo, frutto del lavoro di oltre 70 studiosi. L’analisi di Fiamma Nirenstein per “Il Giornale“.

Il Talmud è misterioso, il Talmud è complicato, è la miniera di una saggezza che è sembrata nei secoli un’autentica magia, un mondo di sottigliezze causidiche inconoscibili se non agli adepti, tanto da generare insieme ammirazione, invidia, diffidenza, maldicenza. Invece alla fine è un viaggio nella descrizione molto concreta del mondo, elevata tuttavia da una divina ispirazione spirituale. È una normativa ragionata, ti dice quello che devi fare senza comandare ma deducendo. Per i cristiani, che hanno fatto loro la Bibbia ebraica aggiornandola con i Vangeli, il Talmud è rimasto per secoli terra incognita e quindi simbolo di irriducibile, riprovevole ebraismo.

La curiosità che ha circondato piuttosto malevolmente il testo tanto che le prima edizione stampata a Venezia nel 1523 da Daniel Bomberg, fu mandata al rogo a Roma nel 1553, ha oggi finalmente trovato uno sbocco positivo nell’operazione culturale della traduzione in italiano del lunghissimo testo. Non l’hanno ostacolata le mille difficoltà che vengono insieme con quella pagina composita, con un centro squadrato di dimensioni variabili, e commenti svariati che lo circondano a corona, sempre sofisticati, a volte stravaganti, spesso in contrasto l’uno con l’altro… La traduzione e stampa dell’instampabile e stata gestita con grande coraggio dalla Casa Editrice Giuntina (si tratta di sei ordini e 37 trattati! specifica Shulim Volgeman, giovane titolare insieme al padre Daniel) ed è arrivata alla seconda tappa in questi giorni, con l’edizione del secondo e terzo volume, ambedue parte del trattato di Berachot, benedizioni; un anno e mezzo fa è uscito in libreria il primo tomo, il trattato di Rosh ha Shanà, capodanno. Il testo è frutto del lavoro di 70 rabbini e studiosi, diretti dalla dottoressa Clelia Piperno. Il primo volume ha avuto un successo impensato, raggiungendo le 4 edizioni con più di 8mila copie vendute, la curiosità deve aver giocato non poco nella spinta a trovarsi per la prima volta fra le mani questa immensa opera citata non solo da studiosi ma anche da tanti scrittori moderni, da Chaim Potok a Singer.

Adesso il Talmud in italiano è accompagnato da note esplicative, schede tematiche, illustrazioni, il tutto supportato da un sofware, novità assoluta fra tutte le tradizioni di Talmud del mondo, creato dal Cnr che consente a tutti gli studiosi di lavorare online e di vedere il loro lavoro uniformato e corretto dal programma. Il curatore di quasi mille pagine di testo è il rabbino Gianfranco Disegni che già da anni si avventura fra precetti pratici, come quelli relativi a come deve essere organizzata una scuola (numero aperto o numero chiuso? grancde discussione talmudica, l’avreste detto?) fino alle questioni più astratte (le anime nell’aldilà sanno che cosa succede su questa terra?). Il trattato è degno di Pico della Mirandola quanto a enciclopedismo: notizie sulla storia, sugli animali, l’universo, il corpo.

È importante notare che nel Talmud esso non è mai impuro, non contamina lo spirito: non è meno importante dell’anima. Perchè questo è lo scopo delle «berachot», le benedizioni. L’uomo ebreo benedice senza sosta ciò che mangia, ciò che beve, ciò che vede, ciò che fa. La tradizione rabbinica suggerisce si dovrebbero dire almeno cento benedizioni al giorno. È un’esaltazione sconfinata del rapporto del visibile con la presenza del divino in tutto ciò che incontriamo, semplicemente vivendo. Se il dubbio ci sfiora, la «berachà» ci riconduce al significato ultimo. E ne abbiamo tutti tanto bisogno.

(Fiamma Nirenstein, Il Giornale 16 gennaio 2018)