Il 13 luglio 1954 muore Frida Kahlo, senza dubbio la pittrice messicana più famosa di tutti i tempi, conosciuta per la sua arte, per la vita intensa e travagliata, che si intrecciò inesorabilmente a quella di Diego Rivera, uomo di spicco del movimento dei Muralisti, con il quale visse una grande storia d’amore.

Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderon nacque a Coyoacan, in Messico, il 6 luglio 1907. Suo padre Wilhelm, a cui era molto legata, era un pittore. Ebreo, amante della letteratura e della musica, emigrò in Messico dall’Ungheria. Dopo aver svolto numerosi lavori, diventò un fotografo di talento, che ispirò sicuramente Frida nel modo di “inquadrare” le immagini. Frida amava definirsi figlia della rivoluzione messicana del 1910, quando i contadini poveri e affamati, sfruttati dai latifondisti, si ribellarono ovunque per mettere fine alla dittatura di Porfirio Diaz. Emersero personaggi di primo piano con una forte matrice libertaria come Emilano Zapata, Librado Rivera, i fratelli Magon e Pancho Villa. Diego Rivera, partecipa al Rinascimento Messicano, diventando figura di spicco del Movimento dei Muralisti. E’ tra i fondatori del Partito Comunista Messicano e ricopre un ruolo importante in quegli anni di rinnovazione. L’arte, elitaria e destinata ai pochi e più ricchi, esce dai musei per diventare arte popolare, diffusa a tutti tramite i Murales, in cui vengono raccontate le storie del popolo messicano, dei peones, e della loro schiavitù.

La voglia di vivere di Frida infiammò il cuore di Diego. Quando si incontrarono nel 1928, Frida voleva un suo giudizio su suoi lavori, ma ne subì il fascino, nonostante Diego fosse imponente, brutto, grasso e con il doppio dei suoi anni. Frida aveva 18 anni, ma aveva già conosciuto il dolore: nel 1925 mentre viaggia su un autobus che da scuola la riporta a casa, viene coinvolta in un incidente a causa del quale riporta la frattura del bacino, attraversato e perforato da un palo. Fu sottoposta nel corso degli anni a 32 interventi chirurgici e i postumi di quell’incidente condizioneranno la sua salute per tutta la vita, ma non la sua fibra morale. Relegata a letto per molto tempo, un letto a baldacchino, sul cui soffitto era stato montato uno specchio per potersi guardare, aveva iniziato a dipingere. Frida e Diego si incontrarono spesso a casa di Tina Modotti, fotografa e attrice italiana,di formazione socialista, trasferitasi a Città del Messico dagli Stati Uniti.

Presto tra Tina e Frida si stabilì un legame molto forte e intimo che sconfinò in un rapporto amoroso. Tuttavia tutto si infranse contro lo Stalinismo, che riassorbì il movimento messicano facendolo proprio. Tina accettò lo Stalinismo ma non Frida, che rifiutò questa forma di “cannibalismo”. Intanto, mentre il lavoro di Rivera procedeva parallelamente e con i ritmi della marcia rivoluzionaria, Frida considerava la pittura come uno strumento di espressione personale, un modo per liberarsi della sofferenza e ritrovare l’amore. Quando si sposarono nel 1929, fu definito il matrimonio tra l’elefante e la colomba, lui grande e grosso, lei esile e fragile. Diego ebbe bisogno di viaggiare per il Messico e trovò spunto per le sue opere negli affreschi di vita rurale e nelle tracce del passato precolombiano.

Frida e Diego si impossessarono con orgoglio delle radici della “messicanità”: con l’arte muralista, il Messico smette di considerare il meticciato sinonimo di povertà e di schiavitù, e inizia con orgoglio a “sentire” la sua discendenza da popoli e civiltà antiche, come gli Aztechi, gli Zapotechi, gli Huastechi. Così Frida,iniziò a portare vistosi gioielli e a indossare abiti tradizionali delle regioni messicane. Attraverso il proprio abbigliamento «etnico» costruì la sua personalità e suscitò scalpore: nell’ottobre 1937 una sua foto scattata da Toni Frissell a New York venne pubblicata sulla prestigiosa rivista Vogue.  Accompagnò Diego quando partì per gli Stati Uniti: San Francisco, Detroit, New York. Gli furono commissionati diversi lavori, come il muro all’interno del Rockefeller Center di New York e gli affreschi per la Fiera Internazionale di Chicago. Finalmente egli aveva la possibilità di dipingere per le grandi masse operaie direttamente nel cuore del capitalismo, ma per ironia della sorte fu espulso dal Partito Comunista Messicano perché ritenuto traditore e a New York, dopo che dovette distruggere il murale affrescato al Rockefeller Center, perché un operaio raffigurato aveva il volto di Lenin, gli vennero revocati i mandati di tutti gli incarichi. Intanto Frida, sfidando il parere dei medici, rimase incinta, ma ebbe un aborto spontaneo a causa dell’insufficienza del suo fisico a sopportare una gravidanza. Questo episodio la sconvolse a tal punto da farle decidere di tornare in Messico con il marito.

Rappresentò il suo dolore in una tela: un letto d’ospedale in un paesaggio deserto e desolante. Lei distesa nuda in una pozza di sangue, una grossa lacrima bianca riga il suo viso, mentre la sua mano tiene un cordone rosso sangue che si aprirà alla rappresentazione di sei figure con al centro un feto, il bambino mai nato. In Messico Frida e Diego decisero di vivere in due case separate collegate da un ponte, in modo da avere ognuno i propri spazi “artistici”. Lontana da tutti e isolata, Frida continua a dipingere i suoi autoritratti con una forte impronta naif, con temi e colori presi in prestito dalla tradizione folkloristica messicana. Il suo corpo intanto inizia ad indebolirsi e ad avviarsi verso un lento declino, i dolori sono sempre più forti e l’alcool e la morfina la culleranno nelle sue notti insonni, dandole una tregua, tra una battaglia e l’altra. I rapporti con Diego Rivera diventarono sempre più difficili,anche a causa dei suoi continui tradimenti, che lei ripagò allo stesso modo.

La loro casa continuava comunque ad ospitare intellettuali, come André Breton e Lev Trockij, che si invaghì di lei e che le scrisse numerose lettere. Divorziarono nel 1939 a causa del tradimento di Rivera con la sorella di Frida, Cristina. Ferita e sentendosi “assassinata dalla vita”, dipinse un quadro ispirato ad un episodio di cronaca: una donna giace nuda sul letto insanguinato, trafitta da numerosi tagli. Il sangue copre il pavimento giallo e si riversa sulla cornice. Accanto a lei un uomo, con ancora il pugnale insanguinato in mano; due colombi ai lati, uno bianco e uno nero,sorreggono una scritta: Unos Quantos Piquetitos , “qualche piccola punzecchiatura”, la frase che pronunciò l’omicida davanti al giudice. Per il dolore si tagliò i capelli e smise gli abiti da tehuana. Della ragazza ironica e piena di vita non era rimasto più niente. L’ omicidio di Trockij che la vide tra i sospetti fu un’altra grande prova. Il suo corpo cedette sempre di più, Diego non poteva lasciarla sola e nel 1940 si sposarono di nuovo. Frida si rinchiuse nella sua “Casa Azzurra”, dove dipinse le sue ossessioni. Il suo più grande rammarico fu di non aver avuto figli, ma riversò il suo amore sui nipoti e sugli animali di cui si circondò, gatti, pappagalli, scimmiette minuscole. Testimone del suo amore per Diego Rivera fu un diario.

Nel 1953 le venne amputata la gamba destra, perché in cancrena. Otto giorni prima di morire aveva terminato un dipinto che ritraeva dei cocomeri che si stagliavano, verdi e rossi, su un cielo azzurro. Sulla polpa succosa e sensuale di una delle fette è scritto Viva la Vida. Un inno alla vita che nell’ultima pagina del suo diario diventa invece un addio definitivo: «Spero che l’uscita sia gioiosa e spero di non tornare mai indietro». 

Il 21 giugno 2001 negli Stati Uniti venne emesso un francobollo che riportava l’immagine di Frida Kahlo, scelta da un autoritratto eseguito nel 1933. Il primo francobollo che ritrae una donna ispanica.

(Nadia Loreti/com.unica 13 luglio 2016)