Intervento dal Massachusetts (USA) della nipote di Ottfried Weisz cui è dedicata la prima agave dell’ottobre 2010

A distanza di un mese dall’ingresso delle ruspe nell’area del Giardino della Memoria di Santa Maria al Bagno, il giorno dopo il risultato elettorale che ha confermato Giuseppe Mellone sindaco di Nardò, cade oggi, 6 novembre, il decimo anniversario della distruzione del primo Giardino della Memoria e dell’Accoglienza di Santa Maria al Bagno del DP Camp UNRRA n. 34.

Contemporaneamente, questa notte, mi è giunto inaspettato questo messaggio dalla nipote del sopravvissuto dell’Olocausto Ottfried Weisz, Melissa, dal Massachusetts, USA, che invoca il salvataggio del Giardino dove fu messa a dimora la prima grande agave per ricordarlo a pochi mesi dalla sua scomparsa nel giugno 2010:

“Non cancellate la sua memoria”.
Mio nonno, Ottfried Weisz, era un uomo meraviglioso, forte e resiliente.  La storia ha cercato di cancellarlo dal mondo, ma senza successo.  La storia si sta ripetendo, per favore non lasciate che accada di nuovo.
Non sono stato informata della sopravvivenza di mio nonno all’Olocausto fino al 2005. Si stava preparando a raccontare la sua storia ai membri della sua comunità religiosa [protestante] e mia nonna [Gennie] gli disse che prima doveva raccontarlo ai suoi nipoti.  Ho ricevuto una telefonata da lui.  Mi ha raccontato i dettagli della sua vita.  Come la sua famiglia si fosse spostata per evitare la cattura.  Come sono stati trovati e portati in un campo di detenzione [Livorno Ferraris, Vercelli].  Come un agente di polizia, sentendosi in colpa per quello che sarebbe successo, è tornato più tardi in borghese per salvare mio nonno.  Come mio nonno tornava al campo la mattina per portare il pane ai genitori e alla sorella.  Come è tornato un giorno per scoprire che se ne erano andati, scoprendo in seguito che erano stati assassinati ad Auschwitz.
Ero sotto shock dopo questa chiamata.  Ricordo esattamente dove ero seduta, congelata mentre mi raccontava tutto questo.  Me lo ero sempre chiesto perché non mi era mai stato detto molto della sua vita, ma non spettava a me chiedere.
Il motivo per cui non ce l’ha detto è perché voleva proteggerci.  Aveva paura che l’Olocausto potesse ripetersi, e se non avessimo saputo della nostra eredità ebraica saremmo stati al sicuro.  All’inizio non capivo perché pensava di aver bisogno di proteggerci.  L’Olocausto era finito.  Non c’era modo che una cosa del genere potesse accadere di nuovo.  Il mondo avrebbe dovuto imparare dalla Storia.  Questo non sembra essere il caso.
Mio nonno è morto il 14 giugno 2010. Mi manca molto.  Faccio 90 minuti di auto fino alla sua tomba il più spesso possibile e parlo con lui sperando che possa ancora sentirmi.  Ho chiamato il mio figlio maggiore come lui e voglio insegnargli che uomo forte fosse mio nonno.  Ho la valigia in cui ha messo la sua vita quando è venuto in questo paese [USA] che si affaccia sul mio soggiorno come promemoria.
Per favore, non cancellatelo da questo mondo, come altri hanno cercato di fare prima.
Melissa, Springfield, Massachusetts, USA.”

Melissa, nipote di Ottfried Weisz, Massachusetts, USA

L’area in cui il 5 ottobre le ruspe hanno asportato agavi decennali, opuntiae e altre piante, adiacente all’ ”agave Weisz”, era già stata delimitata dopo la sentenza del TAR Lecce del 07.07.21, semaforo verde al Comune di Nardò a procedere con la realizzazione del terminal per una idro-superficie per idrovolanti da installare all’interno del Giardino della Memoria, a ridosso delle abitazioni, in lungomare Lamarmora a Santa Maria al Bagno.

Quindi un decennale doppiamente triste.

Da un lato, per la seconda asportazione di una parte delle piante il giorno dopo il risultato elettorale; piante che erano state messe nuovamente a dimora dagli studenti IDISU e docenti dell’università di Lecce nella Giornata della Memoria 2012, quando il Comune di Nardò si offrì di collaborare per ricostruire il giardino distrutto.

Dall’altro, perché oggi ripensiamo a quel mattino del 6 novembre quando avvisarono, noi donanti delle piante all’Agenzia del Demanio e al Comune di Nardò, che nella notte ignoti avevano tagliato con cesoie o estirpato circa cinquanta piante (palme, lentischi, pini marittimi e d’Aleppo, ginepri fenici e macrocarpa), piante acquistate o prese in concessione dal vivaio regionale di Gallipoli per creare, nel settembre-ottobre 2010, quello che divenne Giardino della Memoria e dell’Accoglienza, come da delibere di giunta del 2012 e del 2019.

Rifugiati di fronte alla casa nel 1943-45

La notizia dell’atto barbarico ci giunse a Roma del tutto inaspettata. Le foto erano di una crudeltà inaudita. Molte piante, le più pregiate, addirittura rubate.

Il sindaco dell’epoca, l’avvocato Marcello Risi, offrì immediatamente una mano e la promessa di ripiantare il tutto per la imminente Giornata della Memoria 2012. Come in effetti avvenne, alla presenza del vice-sindaco Carlo Falangone e di rappresentanti del Comune, delle Forze armate, dell’Ordine, di un rappresentante della comunità ebraica da Taranto, il presidente dell’IDISU dell’università di Lecce e i professori Francesca Lamberti e Fabrizio Lelli, esperti rispettivamente di diritto romano e di lingua e cultura ebraica presso l’ateneo lupiense.

Anche l’odierno sindaco Mellone, all’epoca consigliere di minoranza di Futuro e Libertà (FLI), offrì una mano per la ripiantumazione con comunicato stampa. Esprimemmo il desiderio che fossero gli studenti e i docenti a ripiantare le piante.

Peccato che dieci anni dopo il luogo resti abbandonato a se stesso nonostante le lapidi ancora ricordino la dedica da parte del Comune in memoria del DP camp n. 34 dell’UNRRA (definizione DP camp n. 34 scoperta dallo scrivente nel 2002, e comunicata per la prima volta all’allora presidente dell’associazione Pro Murales di Santa Maria al Bagno).

Dal gennaio 2020 sappiamo che il terminal per idrovolanti avrà non solo impatto sul Giardino ma, soprattutto, sulla costa di Santa Maria, alterando l’equilibrio naturale, causando immissioni da benzene ed acustiche, materialmente rimuovendo 400 mq di piante (diverse già estirpate il 5 ottobre con le ruspe), impattando sulla scogliera dove negli ultimi anni erano tornati cormorani e aironi maggiori, comportando la delimitazione di un’area marina di ben 800,000 mq per l’ammaraggio degli stessi idrovolanti, per un tratto di mille metri lineari per 800 metri verso il largo, e interdizione assoluta di balneazione lungo il corridoio di 200 m per 50 m che si protenderà nel mare dall’area prospiciente il Terminal.

La notizia però più sorprendente è che proprio questa notte, dopo più di 11 anni, mi è giunto il messaggio di solidarietà e di offerta di aiuto della famiglia Weisz dagli Stati Uniti.  Freddy Weisz è la persona cui la prima agave piantata nell’ottobre 2010 era stata piantata a ricordo della sua scomparsa il 14 giugno 2010. La nipote di Weisz, Melisse, mi ha inviato un primo messaggio di ieri notte, quando l’ho informata della situazione in Puglia, reagendo con forte commozione:  “ho trovato la vostra pagina mentre cercavo notizie su mio nonno. Ho avuto difficoltà a tradurre le notizie ma sembra che il giardino della memoria che voi avete creato stia per essere rimosso dal governo, ti prego di correggermi se sbaglio. Mio nonno era Ottfried Weisz. Grazie per quello che fate per la sua memoria. Era un uomo meraviglioso”.

Weisz mi confermò che fu accolto umanamente dai poveri italiani di allora. La sua testimonianza, insieme a quella dei pochi altri sopravvissuti ritrovati, come Jakub Ehrlich e Samuel e Goerti Goetz, furono determinanti per la concessione della medaglia d’oro al merito civile di Nardò.

Se il ricordo della devastazione del 2011 è ancora oggi doloroso, l’offerta di aiuto della nipote di Weisz per salvare il giardino proprio questa notte è provvidenziale. A pochi giorni dall’intervento a Nardò del Governatore Emiliano che ha assicurato la popolazione neritina e pugliese che il sindaco appena rieletto si impegna per dare dimostrazioni di antifascismo, sulla base di quella Costituzione su cui ha giurato.

Una dimostrazione potrebbe essere quella di identificare un’altra area dove installare il terminal su 22 km di costa.  Come richiesto più volte non solo dal Comitato a difesa della marina di Santa Maria dal terminal di idrovolanti ma anche dalla rappresentante delle comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni e dal deputato Emanuele Fiano.

Pierluigi Congedo, 9 novembre 2021