Il “decreto dignità“, primo provvedimento collegiale del governo giallo-verde è stato presentato ieri dal governo. Ma sta già ricevendo molte critiche. Non piace al Pd e agli altri partiti di opposizione, a cominciare da Forza Italia (HuffPost). Non piace neppure al mondo delle associazioni datoriali e delle imprese, con Confindustria che parla di “segnale negativo” (Il Sole 24 Ore). “Come abbiamo sempre sostenuto – scrive Confindustria in una nota – sono infatti le imprese che creano il lavoro. Le regole possono favorire o scoraggiare i processi di sviluppo e hanno la funzione di accompagnare i cambiamenti in atto, anche nel mercato del lavoro. Si dovrebbe perciò intervenire sulle regole quando è necessario per tener conto di questi cambiamenti e, soprattutto, degli effetti prodotti da quelle precedenti.Il contrario di ciò che è avvenuto col decreto “dignità”.”

Il decreto abbassa la durata massima dei contratti a termine da 36 a 24 mesi, reinserisce l’obbligo della causale per i contratti di durata superiore a 12 mesi, aumenta del 50 per cento l’indennizzo per chi viene licenziato senza giusta causa e aumenta anche il costo per ogni rinnovo (Il Sole). Tra le altre norme il decreto contiene anche il divieto di pubblicità di giochi che prevedono vincite in denaro, ad eccezione delle lotterie di Stato (Wired). A chi non rispetta il divieto arriverà una sanzione del 5% del valore della sponsorizzazione o della pubblicità comunque di «importo minimo di 50.000 euro». Una misura che ha ricevuto il plauso delle associazioni contro la ludopatia e scatenato la protesta di altri, a cominciare dalla Lega Serie A che si definisce preoccupata per l’impatto economico della normativa (Corriere). 

Per il sottosegretario a Palazzo Chigi Giorgetti, intervistato dal Corriere, le misure del decreto “non sono di sinistra né di destra, ma populiste”. L’approccio punitivo è un boomerang per i precari, nota Alberto Orioli sul Sole 24 Ore. L’approccio “punitivo” e ottocentesco, che vede nei datori di lavoro solo un manipolo di approfittatori e di sfruttatori del bisogno altrui, produce una visione semplificata e sfuocata delle dinamiche sul mercato del lavoro oltre a rischiare una clamorosa eterogenesi dei fini. Il lavoro, né oggi né mai, è fatto solo dalle regole: è soprattutto evoluzione dei comportamenti e delle dinamiche produttive e sociali indotte dalla tecnologia e dai mutamenti dei valori collettivi. 

(com.unica, 4 luglio 2018)