Il 24 giugno 1519, a soli trentanove anni, moriva nel Castello di Belriguardo, a Ferrara, Lucrezia Borgia, figlia illegittima del cardinale Rodrigo Borgia e una delle figure più controverse del Rinascimento italiano.

Appena dieci giorni prima aveva partorito una bambina, Isabella, ma era stata colta da una febbre puerperale che la portò alla morte, lasciando Ferrara e la famiglia intera in un profondo lutto. Fu sepolta nel monastero del Corpus Domini, con indosso l’abito da terziaria francescana.

Donna bellissima e colta – Pietro Bembo conservava una ciocca dei suoi capelli fulvi – molto legata ai fratelli Cesare e Juan, conosceva il francese, l’italiano, il latino e era versata in musica, danza, disegno e ricamo. È stata ritenuta un personaggio rappresentativo del mondo corrotto e perverso delle corti rinascimentali italiane, fu oggetto di calunnie e accuse che nel tempo divennero leggendarie, dallo spregiudicato uso dei veleni, come la Cantarella, con la quale i Borgia avrebbero eliminato i propri nemici versandolo nelle bevande o sul cibo, alla relazione incestuosa con il Cardinale, più tardi papa Alessandro VI. Ritenuta complice del padre e del fratello Cesare, alimentò maldicenze che vennero tramandate ai posteri dai numerosi nemici dei Borgia. In realtà, fu una vittima e uno strumento della politica machiavellica del padre e del fratello Cesare. Rodrigo Borgia, uomo intrigante e dissoluto, mandò in sposa sua figlia per ben quattro volte, per poter stringere alleanze con le famiglie più in vista e potenti sullo scacchiere politico dell’Italia di quei tempi.

Fidanzata a tredici anni per procura a un nobile spagnolo, don Gaspare da Procida, figlio del conte di Aversa, vide annullare questa unione dal padre, salito al soglio pontificio nel 1492 come Alessandro VI, il quale nel 1493 la diede in moglie a Giovanni Sforza, signore di Pesaro e nipote di Ludovico il Moro. Ma già nel 1497, quando Lucrezia aveva sedici anni, il papa alleatosi con il Re di Napoli, nemico degli Sforza, scioglieva il matrimonio della figlia: dapprima tentò di uccidere il genero Giovanni, poi lo accusò di essere impotente. Sforza rispose a sua volta, accusando Lucrezia di avere relazioni incestuose con il padre e con il fratello. Ottenuto l’annullamento del matrimonio, con un documento che ne comprovava l’illibatezza (nel frattempo però Lucrezia era stata l’amante di Pedro Calderon, messaggero del padre, dal quale ebbe un figlio), Alessandro VI la diede in sposa al diciottenne Alfonso d’Aragona, duca di Bisceglie, figlio naturale del re Alfonso II: da questa unione nacque un figlio, Rodrigo. Tuttavia la politica del papa subì un cambiamento di direzione, con l’appoggio concesso a Luigi XII di Francia nelle sue pretese sul Regno di Napoli; Alfonso fuggì da Roma temendo per la propria vita, ma vi fece ritorno per riunirsi alla moglie che amava: un anno dopo venne ucciso per ordine di Cesare Borgia. Nel frattempo fu ripescato nel Tevere il cadavere del duca di Gandia, Juan, fratello di Lucrezia, sicuramente fatto uccidere da Cesare per gelosia. Lucrezia, dopo un periodo di lutto per la morte di Alfonso trascorso a Nepi, tornò a Roma, dove esercitò anche, per due volte, la reggenza per conto del padre; questi, per consolidare la signoria del figlio in Romagna, combinò per la figlia un nuovo matrimonio, stavolta con Alfonso d’Este, primogenito del duca di Ferrara e legittimo erede del ducato. Celebrato un fastoso matrimonio a Roma, anche questo per procura (1501), Lucrezia venne trionfalmente accolta a Ferrara (1502). Alfonso diventò duca nel 1505, ma Lucrezia aveva saputo trovare un posto di preminenza in quella corte, tanto da essere descritta dai maggiori personaggi della cultura e dell’arte italiana: Pietro Bembo le dedicò Gli Asolani, l’Ariosto ne celebrò le virtù nell’Orlando Furioso e nelle Satire.

Dopo la morte del padre avvenuta per avvelenamento e del fratello Cesare, un’ultima tragedia, l’uccisione del caro amico, consigliere e confidente, Ercole Strozzi, trafitto da ventidue coltellate, forse a opera della famiglia d’Este, venne a turbare gli ultimi anni della sua vita. Da Alfonso Lucrezia ebbe tre figli: Ercole, il futuro cardinale Ippolito d’Este, Francesco e Eleonora.

Negli ultimi anni di vita Lucrezia vivrà una profonda crisi religiosa e si farà terziaria francescana. Le sue ultime parole, prima di entrare in coma a causa della setticemia furono: “Sono di Dio per sempre”.

La figura di Lucrezia Borgia colpì soprattutto la fantasia dei Romantici: ad esempio lo scrittore Victor Hugo, il compositore Gaetano Donizetti, il poeta e drammaturgo Pietro Cossa.

Il pittore umbro Pinturicchio usò il suo volto in numerose opere, come in Susanna e i Vecchioni, conservato nella Sala dei Santi, nell’Appartamento Borgia, nel Palazzo Apostolico in Vaticano, e nel celebre Santa Maria d’Alessandria, nella disputa della Santa con i filosofi, dove appare sotto lo sguardo vigile di suo fratello Juan, vestito alla maniera orientale, mentre è in groppa ad un cavallo.

Nel 1939 la scrittrice e traduttrice Maria Villavecchia Bellonci, le dedicò un’accurata psicobiografia.

Nadia Loreti, 26 giugno 2018