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Un cultore della poesia, un fascista monarchico e liberale, un “traditore” che mai rinnegherà le sue idee, un principe del foro emulo di Demostene, come ebbe a definirlo Enrico De Nicola, un oratore non retorico ma di colta e sostanziosa passionalità, un difensore integerrimo del diritto alla giustizia e alla difesa, il nemico giurato della magistratura politicizzata, insomma Alfredo De Marsico. Un figlio degli dei di quel Vallo di Diano, nato a Sala Consilina il 29 maggio 1888 che attraverserà quasi tutto il nuovo secolo del 1900 da Maestro guadagnandosi la stima e la venerazione di tutti.

Traditore per i fascisti, perché colpevole di aver votato e forse redatto l’ordine del giorno contro Mussolini di cui fu Ministro della Giustizia e perciò condannato a morte a Verona, e veterofascista per gli antifascisti e perciò epurato dalle cattedre universitarie e allontanato dalle aule di Giustizia che dovettero privarsi per quasi un decennio della sua formidabile eloquenza e della sua dotta padronanza del diritto; Alfredo De Marsico fu corteggiato dai movimenti politici di destra che più volte lo vollero candidato e fu richiamato all’insegnamento universitario e nelle aule di Giustizia da uomini come Mario Berlinguer il papà del futuro leader comunista.

De Marsico resta il Maestro dell’arte forense e uno dei più grandi oratori togati e sosteneva che “ciò che importa nell’arringa, non è né la bellezza della voce né l’eleganza della frase, ma l’efficacia del dimostrare e del persuadere: il trapasso cioè di una tesi dall’ombra in cui è sepolta allo splendore dell’evidenza…Di qui, la condanna delle fredde, remote preparazioni a tavolino; di qui, l’indispensabile necessità che l’avvocato resti nel dibattimento quel che è il marinaio sotto la vela: la spia del vento. La rotta di un avvocato è la più difficile delle navigazioni, perché si svolge fra correnti d’anima, le più invisibili e mutevoli di tutte le correnti. Solo quella dell’uomo politico le somiglia e la supera”. E Alfredo De Marsico fu avvocato e politico ma restò avvocato e non fu sopraffatto dalle correnti della politica.

Eduardo De Filippo, ma anche Pasolini, si vantò della stima e dell’amicizia di Alfredo De Marsico che però scrisse “L’attore, a cui tanti identificano l’avvocato, non gli si approssima neppure, perché l’attore è strumento di espressione di un personaggio o di una situazione, che altri ha ideato e congegnata, e che non vivono fuori della finzione; mentre l’avvocato deve essere lo scopritore della realtà, ed imporla ai giudici. L’avvocato è pari alla sua causa se sa dare alla verità il volto della sua opinione ed alla sua opinione il rilievo della verità. Avvocato è solo chi sa possedere la verità, cioè chi sa stanarla dalla miniera delle cose oscure e confuse. Gli altri saranno, al massimo, i sapienti dell’artificio”.

Oggi i busti e le aule dedicate alla sua memoria sono tantissime ma principalmente eloquente di un ricordo perpetuo è l’aula a lui intitolata in quel Castel Capuano che lo vide fino alla morte Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Napoli.

(Franco Seccia/com.unica 29 maggio 2017)