“Per porre domande filosofiche originali, devi avere esperienze storiche e sociali intense”. Intensa di queste esperienze, dall’Olocausto alla persecuzione del regime socialista ungherese, dall’emigrazione prima in Australia poi negli Stati Uniti, fino all’attacco terroristico dell’11 settembre, è stata ed è ancora la vita di Agnes Heller, una delle più grandi filosofe viventi, nata a Budapest nel 1929, allieva di G. Lukács ed esponente della Scuola filosofica di Budapest, insieme con F. Fehér, G. Márkus, M. Vajda. La filosofa ungherese sarà la terza grande ospite internazionale, dopo gli affollatissimi appuntamenti con Riccardo Mazzeo e Miguel Benasayag, dello speciale ciclo 2017 delle “Lezioni del Novecento” organizzate dalla Fondazione Leonardo Sinisgalli in sinergia con le Istituzioni culturali e formative della Basilicata. Giovedì 16 marzo alle 16:30 a Potenza, presso l’Aula Magna del Rione Francioso dell’Università degli studi della Basilicata, accoglierà Agnes Heller per la sua lectio magistralis su Vecchie e Nuove utopie, uno dei temi centrali della sua riflessione filosofica, rivolta prevalentemente alla ricostruzione di un orizzonte etico e ispirata a una lettura del marxismo in chiave antieconomicista e antropologica.

Alla lezione porteranno i loro saluti la Magnifica rettrice dell’Università degli studi di Basilicata, Aurelia Sole e il Presidente dell’Istituto degli studi filosofici – Sezione di Potenza, Ennio Ielpo, grazie alla cui collaborazione sono state organizzate le “Lezioni del Novecento” . Il Centro Linguistico dell’Ateneo lucano curerà inoltre il servizio di interpretariato.

L’incontro con Agnes Heller, una delle più grandi filosofe del nostro tempo, che ha assistito al fallimento delle utopie novecentesche, registrando l’avanzata delle distopie, sarà un’occasione per riflettere sulla capacità di immaginazione dell’uomo contemporaneo rispetto al futuro, sul grado di fiducia che egli ripone verso il progresso, sul suo desiderio di miglioramento delle proprie condizioni. Tutti elementi che sono alla base delle visioni utopiche, ma anche di quelle distopiche, quando alla speranza subentra la paura. È per questo che ogni utopia, ci dice AgnesHeller va vissuta esercitando sempre lo spirito critico e nella consapevolezza della nostra umana imperfezione, a partire dalla quale ognuno di noi può dare il proprio contributo per cercare di cambiare in meglio il mondo.

(Valentina Franci/com.unica, 15 marzo 2017)

AGNES HELLER

La persecuzione nazista

“Per porre domande filosofiche originali, devi avere esperienze storiche e sociali intense”. Intensa di esperienze storiche e sociali, dall’Olocausto alla persecuzione del regime socialista ungherese fino all’attacco terroristico dell’11 settembre, è la vita di Agnes Heller, nata da famiglia di origine ebraica a Budapest il 12 maggio 1929. Sfugge adolescente alle persecuzioni naziste, salvandosi per miracolo con la madre nel ghetto di Budapest, invece suo padre muore nel campo di concentramento di Auschwitz nel 1945.

La stessa filosofa rintraccia negli eventi storici che l’hanno segnata l’origine della doppia direzione dell’indagine filosofica che le appartiene:

“Negli anni Quaranta, in Ungheria, sono passata dall’Olocausto ad un regime totalitario. La mia ricerca da quel momento è stata dedicata a comprendere quegli eventi dal punto di vista morale. Il totalitarismo sono riuscita a capirlo, l’Olocausto no. Come un essere umano possa fare qualcosa del genere ai suoi simili, rimane per me un mistero. La mia ricerca è sempre statain due direzioni. Quella morale, o antropologica, per capire la radice del bene e del male, e quella sociale, o storica, che si chiede: che tipo di mondo è quello in cui si possono sviluppare un regime totalitario, o una forma sistematica di annientamento di altri esseri umani? La mia risposta è che questi due fenomeni non sono emersi da alcuna necessità storica.”

La passione per la filosofia di Lukács e l’esilio

Intorno agli anni sessanta partecipa su invito del fidanzato a una lezione del filosofo György Lukács, e folgorata decide di abbandonare gli studi scientifici per intraprendere quelli filosofici accanto al maestro ungherese. Divenuta assistente di Lukàcs all’università di Budapest, è una degli esponenti più noti della cosiddetta Scuola filosofica di Budapest, insieme con F. Fehér, G. Márkus, M. Vajda. Lukàcs le trasmette la certezza che la filosofia deve servire a comprendere il presente, pensiero che sarà un punto fermo per Heller. Viene espulsa dal partito comunista una prima volta nel 1949, una seconda volta nel 1958, in seguito alla rivoluzione ungherese del 1956, quando le venne tolta anche la cattedra all’università. Pur essendo perseguitata dal regime comunista di Kàdàr, insieme agli altri esponenti della “Scuola di Budapest”, nel 1968 Agnes Heller fa sentire la sua voce contro la dura repressione russa in Cecoslovacchia, denuncia che accrebbe le vessazioni a cui era già sottoposta.

Lo stesso Lukàcs in una lettera del 1973 pubblicata sul “Times Literary Supplement” rende note le vicende del tormentato rapporto con il partito comunista della “Scuola di Budapest”. Agnes Heller è privata della possibilità di insegnare, di viaggiare all’estero e di pubblicare i suoi libri. Nel 1977 insieme al marito Ferenc Fehér, altro esponente della scuola di Budapest, lascia definitivamente l’Ungheria, in cui farà ritorno solo dopo la caduta del Muro di Berlino, e si trasferisce in Australia dove accetta un incarico presso la Trove University di Melbourne in sociologia, e in seguito a New York, dove le viene affidata la cattedra di Hannah Arendt, dal cui pensiero Heller è stata profondamente influenzata, presso la New School for Social Research, di cui tutt’ora è titolare, vivendo da vicino la strage dell’11 settembre. La decisione di emigrare è motivata dall’impossibilità di accettare le svolte reazionarie di tante nazioni dell’Est.

“Non sono nessun “ista”, sono semplicemente me stessa. Un giorno a Foucault chiesero se era strutturalista opoststrutturalista, lui rispose io sono Foucault. Io sono Ágnes Heller”.

Il rapporto col marxismo

Definita marxista in quanto allieva di Lukàcs, dopo aver conosciuto il vero Marx a partire dal 1953, quando con il nuovo governo di Nagy i giovani filosofi ungheresi possono finalmente uscire dall’ortodossia in cui il regime ha confinato gli studi su Marx e conoscere la vera anima dell’autore di “Il capitale”, ben presto se ne distacca. Laddove Marx parla di una rivoluzione del proletariato, Agnes Heller oppone una rivoluzione della vita quotidiana, ritenendo che la filosofia debba abbandonare l’idea di realizzare l’Utopia e partire da noi stessi.

La ricerca filosofica

«I filosofi non offrono soluzioni, illuminano le contraddizioni» sostiene Heller. Una filosofia “radicale” la sua, che si oppone al pensiero ordinario, come chiarisce in “La filosofia radicale” del 1979, tradotto in Italia da Il Saggiatore. Ben presto la sua ricerca filosofica si focalizza su tre grandi progetti: una filosofia della Storia, una teoria dei sentimenti, e una teoria della morale.Il libro che l’ha fatta conoscere in Italia è “La teoria dei bisogni in Marx” e gli studi sull’economia politica e la rivoluzione della vita quotidiana. Il classico che ha segnato il suo rapporto con l’Italia è “L’Uomo del rinascimento”, ispirato da un viaggio in Italia, il primo in Occidente dopo l’apertura delle barriere del regime e la persecuzione personale.

Nelle vie nelle chiese nelle case nei palazzi di Firenze ho incontrato un sogno, o meglio, ho incontrato il mio sogno di un mondo adeguato all’uomo. Una volta che i confini dell’Occidente si erano di nuovo richiusi per me, volevo semplicemente tornare in questo mondo, anche se solo con la fantasia col pensiero. Se volete fu un libro d’amore: una dichiarazione d’amore per l’Italia.”

Filosofa radicale della “teoria dei bisogni”, in “Sociologia della vita quotidiana” (Editori Riuniti, 1975) afferma che i bisogni aiutano a capire le trasformazioni sociali. Secondo Heller i bisogni si dividono in due categorie: alienanti, legati al possesso, mai appagati e di natura quantitativa, o intrinseci alla sfera più intima, di natura qualitativa.

Il nucleo centrale della filosofia helleriana è da ricercare nell’uomo, ricco di bisogni produttore di bellezza artistica, bontàpratica e giustizia politica. Voce intensa e feconda, Agnes Heller è una delle più acute interpreti della modernità per spessore storico, morale e speculativo.

Molto attiva sui massmedia, con un linguaggio immediato e poco filosofico per essere compresa da tutti, interviene per dibattere sui temi dei nostri tempi come i flussi migratori e le politiche europee, con attenzione particolare al nuovo corso della politica ungherese sostenuto dal premier Viktor Horban, il primo ad aver eretto muri e barriere.

Le principali pubblicazioni

Ha pubblicato numerosi volumi, tradotti in molte lingue. Ricordiamo “La teoria dei bisogni in Marx” (Feltrinelli, 1974), “Per una teoria marxista del valore” (Editori Riuniti, 1974), “L’uomo del rinascimento” (La Nuova Italia, 1977), “La condizione politica postmoderna” (Marietti, 1992), “Dove siamo a casa” (Franco Angeli, 1999). Tra gli ultimi titoli, tradotti in italiano: “La bellezza della persona buona” (Diabasis, 2009); per Il Margine ha pubblicato “I miei occhi hanno visto” (2012, con Francesco Comina e Luca Bizzarri) e La bellezza (non) ci salverà”, a quattro mani con il sociologo Zygmunt Bauman; per Erikson “Il vento e il vortice. Utopie, distopie, storia e limiti dell’immaginazione” con Riccardo Mazzeo.