Quello che Berlino e Francoforte hanno fatto alla Grecia, possono farlo agli altri – avverte in questo articolo sull’autorevole rivista internazionale FOREIGN POLICY l’economista e saggista inglese Philippe Lagrain. L’accordo firmato l’altro ieri conferma che l’eurozona nel suo complesso rimane un disastroso caso economico che di fatto spegne le residue speranze di un sogno europeo democratico.

Lo scorso anno, mentre completavo il mio libro Primavera Europea, ho esitato prima di descrivere l’eurozona come una “gloriosa prigione per debitori”. Ma dopo questo weekend di brutale, vendicativo e miope esercizio del potere tedesco verso la Grecia, sostenuto dalla Banca centrale europea (BCE) con sede a Francoforte, corroborato dalla minaccia illegale di staccare la spina all’intero sistema bancario greco, mi rimangio quella definizione. Non c’è niente di glorioso nell’eurozona: è un racket di creditori mostruoso e antidemocratico.

La capitolazione della Grecia alle condizioni imposte dalla Germania, semplicemente per avviare i negoziati sugli ulteriori fondi per rifinanziare il proprio debito insostenibile, può allontanare la prospettiva di un imminente crollo bancario e di un’uscita della Grecia dall’eurozona. Ma, lungi dal trovare una soluzione al problema greco, il consolidamento della disastrosa strategia usata dei creditori negli ultimi cinque anni non potrà che deprimere l’economia, aumentare ulteriormente l’onere insostenibile del debito e calpestare la democrazia. Perfino i dirigenti di Deutsche Bank, una delle banche tedesche salvate dai prestiti forzati dei contribuenti europei al governo greco nel 2010, sostengono che la Grecia ora è divenato di fatto a uno stato vassallo.

Ma il dramma va ben oltre la Grecia. È più chiaro che mai che l’inefficiente unione monetaria europea ha anche un problema tedesco. Come creditore in pectore di un’unione monetaria priva di istituzioni politiche comuni, la Germania sta dimostrando di essere una potenza egemone disastrosa. Parigi può aver frenato la fastidiosa minaccia di Berlino di sbattere la Grecia fuori dall’euro, ma senza alcun dubbio è la cancelliera tedesca Angela Merkel che comanda.

L’accordo che ha visto la resa del primo ministro greco Alexis Tsipras accoglie le richieste tedesche, non le proposte che aveva elaborato con l’aiuto francese la scorsa settimana. Nel sottolieneare l’inutilità della resistenza, nel caso la Grecia avesse voluto rimanere nell’euro, Parigi si è comportata come agente al servizio di Berlino nel garantire l’acquiescenza di Atene.

Certo, piccoli paesi come la Slovacchia e la Finlandia stavano con la Germania. Ma si tratta di voci insignificanti. Dal punto di vista di Berlino, sono gli utili idioti che forniscono la copertura per i suoi meschini interessi. Ricordate che, attraverso i loro prestiti alla Grecia, i finlandesi e gli slovacchi hanno salvato le banche tedesche, non quelle finlandesi e slovacche. È ingenuo pensare che Berlino non schiaccerebbe anche loro se solo fossero d’intralcio.

Cerchiamo di essere chiari. Quello che Berlino e Francoforte hanno fatto alla Grecia, possono farlo agli altri — e lo faranno. Nel 2010, hanno ricattato il governo irlandese perché imponesse 64 miliardi di euro di debito bancario sulle spalle dei contribuenti irlandesi. Nel 2011, hanno costretto alle dimissioni il primo ministro eletto dell’Italia, Silvio Berlusconi.

È questo il loro scopo: mettendo in riga la Grecia vogliono scoraggiare chiunque altro a uscire dalla linea. Perché votare per partiti che sfidano la linea di Berlino se saranno poi sottomessi anche loro? Creata per avvicinare gli europei, l’eurozona è ora tenuta insieme solo dalla paura.

Per Tsipras, l’umiliazione è completa. Ha indetto un referendum da cui ha ottenuto un pieno mandato dal popolo greco. Ma anziché ottenere una posizione negoziale rafforzata, i creditori tedeschi gli hanno torto il braccio fino a quando si è piegato. Penalizzato dallo strano attaccamento greco ad una moneta che ora li schiavizza, e ricattato dalla minaccia della BCE di far saltare il sistema bancario greco, Tsipras non ha osato rifiutare le condizioni inique di Berlino.

Entro questo mercoledì e quello successivo, il Parlamento greco deve approvare delle controverse riforme sull’Iva, le pensioni e molte altre misure. Queste includono un meccanismo fiscale economicamente folle che imporrebbe “tagli alla spesa quasi-automatici” quando gli obiettivi fiscali vengono disattesi — cosa che avverrà inevitabilmente, dal momento che i creditori sottovalutano sistematicamente l’impatto dannoso che hanno sulla crescita economica sia l’eccessiva austerità sia l’insolvenza del governo. L’odiata Troika tornerà ad Atene come i padroni coloniali che possono riscrivere e mettere il veto sulle leggi greche che non piacciono loro. Tutte le misure votate dal Parlamento greco fin dalla sua elezione nel mese di gennaio devono essere annullate.

Queste sono solo alcune delle condizioni – non per garantire un terzo programma di prestito UE-FMI – ma semplicemente per avviare negoziati su queste condizioni, soggetti ad approvazione parlamentare in Germania, Finlandia, Slovacchia e altri tre paesi. Le autorità dell’eurozona forniranno inoltre un prestito ponte immediato per onorare gli arretrati della Grecia al FMI e le scadenze incombenti dei bond e dei pagamenti di interessi alla BCE il 20 luglio.

Dopo due settimane di controlli di capitale e delle banche imposti dalla BCE, l’economia greca è in cattive acque. Politici sensibili darebbero priorità al favorire la ripresa. Ma i creditori chiedono un’austerità ancora maggiore, che allargherà la voragine economica e aumenterà l’onere insostenibile del debito della Grecia. Per quanto riguarda la riduzione del debito, di cui la Grecia ha un disperato bisogno, essa è rinviata a tempo indeterminato: i creditori dicono farisaicamente che questa potrebbe essere necessaria ad un certo punto, anche se solo a causa della cattiva gestione di Syriza, naturalmente. Il FMI, nonostante abbia recentemente ammesso che i debiti greci sono insostenibili, ancora una volta ha accettato di infrangere le proprie regole e di prestare altri soldi ad una Grecia insolvente.

Per ora, molti greci credono che qualsiasi compromesso sia accettabile pur di mantenere la Grecia nell’euro. Ma man mano che le conoseguenze della depressione faranno sentire i loro effetti nocivi la reazione politica crescerà sicuramente. Quindi la prospettiva di un default e di un Grexit sono tutt’altro che tramontate.

I greci dovrebbero utilizzare il loro soggiorno prolungato nella prigione dei debitori per pianificare meglio la loro fuga. Per fare default in modo sicuro all’interno dell’eurozona, la Grecia deve garantire le proprie banche. Naturalmente, per motivi prudenziali, Atene dovrebbe obbligarle a possedere bond garantiti dal Governo Greco in misura minima e ricapitalizzarle con asset più tangibili dei crediti d’imposta su futuri utili. In questo modo la BCE non potrebbe farle chiudere nuovamente.

L’eurozona nel suo complesso rimane un disastroso caso economico e una vergogna democratica. È intrappolata in un limbo da incubo dove la politica impedisce la creazione di istituzioni comuni che possano ingabbiare la potenza tedesca e rimettere la BCE al suo posto, mentre la paura impedisce alle sue vittime di andarsene. Alla faccia del sogno europeo.

(Philippe Legrain/Foreign Policy, 13 luglio 2015)