Cento anni fa nasceva uno dei maggiori dantisti italiani: Vittorio Vettori. Era nato ad Arezzo il 24 dicembre del 1920. “Il mito fondamentale della Commedia è quello dell’uomo, vissuto da Dante in persona prima con una abdicazione all’empirico così assoluta che lo stesso suo nome (tranne una volta per dichiarata necessità discorsiva) non compare nel corso del poema sacro. L’uomo dunque non come veste e fortuna (ricordo in proposito quel verso che è nell’orecchio di tutti: ‘…l’amico mio e non della fortuna’), ma come destino e destinazione ultima in rapporto all’Eterno […]. Dopo l’incontro con Virgilio, Dante muore a se stesso per rinascere al di là di se stesso e vale a dire come universale uomo e poeta […]. Il mito di Dante è ben qui: in questo dramma della persona umana essenzialmente tesa tra l’attività naturale e l’ordine trascendente”.

La letteratura oltre il mistero è il segreto di una vita che si raccoglie nell’attesa. Mai rappresentazione. Sempre legata alla metafisica e all’incanto. Sulla strada di un cammino di mezzo si è sviluppato il viaggio di Vittorio Vettori. Per i cento anni dalla nascita di Vittorio Vettori, critico e storico della letteratura poeta narratore,  esce un testo a più voci curato da Tommaso Romano per Thule editore.  

Uno studioso, un singolare poeta e critico letterario, uno storico della letteratura che ha tracciato un mosaico ben preciso dei linguaggi letterari e filosofici.  Pone al centro di una letteratura moderna non solo i classici greci e latini, ma soprattutto la vita e l’opera di Dante. Un dantista tra i più importanti nella storiografia italiana. Tra i suoi testi dedicati a Dante vanno ricordati:  Amoroso viaggio in terra francescana, con Piero Bargellini, Firenze, Edizioni Alvernia, 1949, Maestro Dante, Milano, Marzorati, 1962, Letture dell'”Inferno”, Milano, Marzorati, 1963, Il prologo della Commedia:, Milano, Marzorati, 1963, Letture del “Purgatorio”, Milano, Marzorati, 1965, Motivi di critica dantesca nella letteratura contemporanea, Roma, De Luca, 1967, Letture del “Paradiso”, Milano, Marzorati, 1970.

Uno dei maggiori dantisti, ha posto come modello archetipico della letteratura moderna proprio il centro di Dante. Un Dante oltre la lettura meramente accademica, ma dentro l’amorosa visione. Un Dante che parte dalla reinterpretazione gentiliana per focalizzarsi tra un contemplante Papini e i linguaggi onofriani. Tra Gentile e Dante la ricerca di Vettori resta un nucleo organico di un processo culturale in cui la Tradizione è nucleo centrale per abitare i luoghi del legame tra letteratura e filosofia. Ciò insiste proprio nei suoi scritti su Dante.

Considerava Dante …”un’anima completa e fortemente personale. Un misticismo poetico che potenzia la sua humanitas. Il misticismo di Dante fa centro sulla persona umana, attraverso quella massima celebrazione, non irrazionale ma soprarazionale, della persona, che è la Poesia. Altrove ricorda che il cielo di Dante non è il cielo della santità, ma quello della poesia”.

Dirà ancora: “Dante aveva cumulato nella sua opera tutti i ruoli di un intellettuale all’interno del suo tempo: il ruolo della rappresentanza, quello della contestazione e quello del precorrimento”. Un intellettuale all’interno del proprio tempo! Certamente. Ma ha portato il suo tempo nel tempo metafisico. Come ebbe a dire: “…coniugare l’umano col divino, la rivoluzione con la creazione, la giustizia con l’amore, la libertà con la verità. E aggiunge: non è un insegnamento da poco. È tutto quello che abbiamo da imparare e da fare sulla terra”.

La sua attrazione verso Dante diventa prioritaria tanto che lo pone come riferimento ancestrale tra l’essere della propria individuale scrittura e il tempo infinito di Dante. Il Divino. Vittorio Vettori innesta il suo progetto letterario identitario, infatti, tra Gentile, Dante e Prezzolini grazie alla metafora della Luce che attraversa tutto il Paradiso. Scrive: “Protagonista assoluta della terza cantica è la luce di una spiritualità rinnovata: una luce che via via si è andata affermando nelle altre due cantiche e che ora si fa sempre più dominante e trionfante. Il misticismo del Paradiso di Dante sgorga dalla sempre concreta e presente umanità del poeta”.

Vettori, amico di date storiche. Amicizie antiche. Era nato lo stesso anno di mio padre. Antichi incontri. Ho avuto la fortuna di conoscere Vittorio agli inizi del 1980 a Roma. Nella sede del Sindacato Libero Scrittori. In uno dei nostri convegni sulla cultura libera. Una prima occasione dei tanti appuntamenti tra Firenze e Roma. Uno degli ultimi incontri è stato a Lucca. Un convegno che aveva preso spunto dal tema di un mio libro dedicato alla letteratura del ritorno, ovvero letteratura mediterranea. Ma la problematica centrale restava sempre la eredità  dei Fedeli d’amore sino alla funzione profetica dei linguaggi. Ultimo incontro. Poi un saluto fugace, successivamente, a Roma a casa di Francesco Grisi in Piazza Brennero. Gli anni sono passati. Vittorio resta una luce sempre illuminante e i suoi scritti soprattutto oggi hanno una coerente affabilità.

Un viaggio dentro il viaggiare. Un viaggiare per cercare il viaggio e viverlo. Fino in fondo. Fino a nascere e rinascere poeta in poesia. Tra l’uomo e l’opera, il confronto tra Vettori uomo e Dante uomo è una costante che ha permesso a Vittorio di restare punto centrale tra gli studiosi maggiori del Sommo.

Vettori legge, i fatti, il sentimento e il pensiero in Dante. Scrive: “Nella pienezza di un incontro interiore con Dante il sentimento e il pensiero vengono dunque a coincidere: ed è in questa pienezza che può attuarsi per ciascuno di noi la storia di Dante, la storia cioè di una vita che seppe farsi destino e continuarsi in una tradizione.  Lasciamoci guidare dall’esigenza di rivivere Dante dentro di noi: e non ci sarà difficile attingere l’affascinante mistero del più vasto e ricco universo poetico che sia stato mai creato. Mistero pressoché inesauribile, se ogni lettore attento e volenteroso può sempre scoprirvi nuove rispondenze e nuove armonie”. Nuove armonie per un viaggio che, in un tempo di sradicamenti, che è sempre mistico in una dimensione in cui la metafora diventa essenziale. È tale perché il viaggio che si vive ha una sua unitarietà nel tempo e nel cerchio in quanto, come sottolinea sempre Vettori, “la Commedia è un poema unitario in quanto è molteplice. Un mondo strutturato in cui la ricchezza dell’esistenza perviene all’unità”. Vita e “Divina Commedia” per Vettori sono un viaggio unitario verso l’Assoluto. Vettori muore a Firenze il 10 febbraio del 2004.

Pierfranco Bruni, com.unica 24 dicembre 2020