Le riflessioni di Dani Rodrik, docente di Politica economica internazionale all’Università di Harvard

Molti osservatori di politica internazionale, sorretti anche dagli ultimi sondaggi, si aspettavano dalle recenti elezioni americane un successo più netto per Joe Biden e una valanga di voti per i Democratici, in grado conquistare anche il Senato. E al contempo si sono chiesti come Donald Trump sia riuscito a mantenere il sostegno di così tanti americani – ricevendo un numero di voti addirittura superiore rispetto a quattro anni fa – nonostante le sue palesi bugie, l’evidente corruzione e la disastrosa gestione della pandemia.

Una risposta ha provato a darla l’economista Dani Rodrik, titolare della cattedra di Politca Economica all’Università di Harvard e conosciuto anche in Italia per alcuni suoi saggi sul tema della globalizzazione, tra cui Dirla tutta sul mercato globale, pubblicato nel 2019 da Einaudi.

Dani Rodrik

Dani Rodrik

In un articolo pubblicato su Project-Syndicate Rodrik ha sottolineato che molti di coloro che hanno votato per Trump abbiano visto il sostegno dei Democratici alle proteste di strada di quest’anno contro la brutalità della polizia come un condonare la violenza e un accusare la nazione di razzismo. “Mentre Biden faceva attenzione a pronunciarsi contro la violenza, i Democratici – scrive – diventavano suscettibili alle accuse di superbia morale e denigrazione dei valori dell’’Heartland’, ossia della regione del Midwest. Per altri, il continuo sostegno a Trump conferma semplicemente quanto siano radicati il razzismo e il fanatismo e l’urgente necessità del Partito Democratico di combatterli.”

Sul piano economico molti analisti ritengono che il partito abbia potuto spaventare gli elettori conservatori spostandosi troppo a sinistra. “I Repubblicani hanno alimentato i timori di tasse elevate, politiche ambientali che uccidono il lavoro e medicina socializzata – osserva l’economista. In entrambi i principali partiti politici statunitensi, il mito americano per eccellenza dell’imprenditore solitario che fa meglio quando il governo fa il minimo è ancora vivo e vegeto.”

Ma c’è anche il rovescio della medaglia: i progressisti sostengono che Biden abbia condotto una campagna su proposte che non erano affatto radicali per gli standard di altri paesi sviluppati. E forse politici come Bernie Sanders o Elizabeth Warren, puntando maggiormente su lavoro, sicurezza economica e ridistribuzione, sarebbero stati più in sintonia con le aspirazioni della maggior parte degli americani. In accordo con le tesi dell’economista francese Thomas Piketty, Rodrik evidenzia il fatto che i partiti di sinistra sono diventati sempre più i partiti delle élite metropolitane istruite. “Con l’erosione della loro tradizionale base elettorale, ossia della classe operaia, è cresciuta l’influenza dei professionisti globalizzati, dell’industria finanziaria e degli interessi industriali – scrive. Il problema non è solo che queste élite spesso favoriscano le politiche economiche che lasciano indietro le classi medio-basse e le regioni arretrate, ma anche che il loro isolamento culturale, sociale e spaziale li rende incapaci di comprendere ed entrare in empatia con le visioni del mondo dei meno fortunati. Un sintomo significativo è la facilità con cui l’élite culturale respinge gli oltre 70 milioni di americani che hanno sostenuto Trump in queste elezioni descrivendoli come persone ottuse che votano contro i propri interessi.”

Le comunità in cui scompaiono questi posti di lavoro pagano un prezzo che va oltre l’economia. La tossicodipendenza, la disgregazione familiare e la criminalità aumentano. Le persone si attaccano di più ai valori tradizionali, sono meno tolleranti nei confronti degli stranieri e più disponibili a sostenere uomini forti autoritari. L’insicurezza economica innesca o aggrava le faglie culturali e razziali.

“Spetta quindi ai partiti di sinistra sviluppare soluzioni programmatiche a questi problemi economici profondamente radicati – conclude il professore di Harvard. Ma le soluzioni tecnocratiche da sole non possono fare molta strada. È necessario costruire molti ponti per superare le spaccature di cui le élite culturali sono ampiamente responsabili. Altrimenti i Democratici potrebbero avere un altro brusco risveglio tra quattro anni.”

com.unica, 22 novembre 2020

Fonte Project-Syndicate novembre 2020