«Dobbiamo rinnovare le nostre relazioni – esorta il Cardinale nell’intervista rilasciata in esclusiva al think tank magazine dell’Osservatorio Economico e Sociale “Riparte l’Italia” (www.ripartelitalia.it) – e perseguire insieme la ricerca e l’impegno per un umanesimo integrale e solidale».

Il cardinale Pietro Parolin ha lasciato trasparire durante l’intervista la perizia e la discrezione con le quali – tra i contrasti disseminati dalla tentazione sovranista – tesse la tela dell’intesa tra i popoli basandola sulla profezia della fraternità universale di Papa Francesco. Nessuno – ripete Parolin – può farcela da solo e ormai è il tempo di una conversione umana ed ecologica. Andrebbe accolto l’avvertimento della pandemia che ha svelato l’estrema fragilità di una modernità che si pensava solida e inattaccabile. Nell’alternativa tra la paura e la cooperazione si tratta di scegliere. Anche per la Chiesa è suonata l’ora di affrettarsi a diventare ciò che realmente è: popolo di Dio. Inclusivo e fraterno.

«La priorità non è l’economia, in quanto tale, ma l’essere umano. Il Covid-19 non ha provocato solo una crisi sanitaria ma ha colpito molteplici aspetti della vita umana: la famiglia, la politica, il lavoro, le imprese, il commercio, il turismo, ecc.», ha detto il Segretario di Stato Vaticano, «la Chiesa invita a ritrovare la vocazione dell’economia al servizio dell’uomo, per garantire ad ogni persona le condizioni necessarie per uno sviluppo umano integrale e una vita dignitosa».

Purtroppo la situazione mondiale attuale non è incoraggiante, perché «anziché favorire la cooperazione per il bene comune universale, vediamo sempre più ergersi muri intorno a noi, esaltare frontiere come garanzia di sicurezza e praticare sistematiche violazioni del diritto, mantenendo una situazione di conflitto globale permanente», ha spiegato il cardinale Parolin. «Proprio questo tempo mostra, invece, che bisogna seminare l’amicizia e la benevolenza piuttosto che l’odio e la paura. La pandemia sta insegnando in modo drammatico che nessuno può farcela da solo: per fronteggiare il virus c’è bisogno di una risposta condivisa e coordinata. Lo stesso vale per guarire dai mali dell’indifferenza, della solitudine e dell’inimicizia».

A novembre i giovani economisti si ritroveranno ad Assisi su invito di Papa Francesco, «per “fare un ‘patto’ per cambiare l’attuale economia e dare un’anima all’economia di domani”. Il Santo Padre si rivolge ai giovani perché li vede “già profezia di un’economia attenta alla persona e all’ambiente”. Fa appello al loro senso di responsabilità e alla loro creatività e li invita ad elaborare proposte concrete e coraggiose».

La Chiesa è chiamata ad annunciare la strada da seguire anche da un punto di vista economico, pur nella fragilità delle persone che la compongono: «Gli errori ci devono far crescere in umiltà e spingerci a convertirci e migliorare, ma non ci dispensano dai nostri doveri. D’altronde, la Chiesa è una realtà complessa fatta di persone fragili, peccatrici, spesso infedeli al Vangelo, ma non per questo essa può rinunciare ad annunciare la Buona Novella. Così non potrà rinunciare ad affermare le esigenze della giustizia, del servizio del bene comune, del rispetto della dignità del lavoro e delle persone nell’attività economica, e così via. Questo sarebbe tradire il suo dovere».

L’emergenza sanitaria ha scritto una pagina di storia anche nel cammino della Chiesa: «Nei mesi in cui l’emergenza della pandemia è stata più forte (e lo è ancora in alcune nazioni), le comunità cristiane hanno sperimentato una sorta di smarrimento, perché impedite a partecipare all’Eucaristia. Si è trattato di una scelta dolorosa, assunta per limitare la diffusione del virus che già stava mietendo numerose vittime, e che certamente ha segnato il nostro sentirci “Chiesa”, Popolo di Dio radunato concretamente attorno all’altare del Signore per celebrare la sua Pasqua. Tuttavia, siamo Popolo di Dio anche e nonostante la pandemia!». Qualcosa durante la pandemia è stato cambiato per venire incontro alle nuove contingenze: «A favorire questo “sentirsi Chiesa”, riunita intorno all’altare di Cristo, sono venuti in aiuto i mass-media, dando spazio alla trasmissione delle celebrazioni. Anche Papa Francesco, cogliendo la sete di Dio presente nel cuore dei fedeli, ha accettato che venisse trasmessa ogni mattina da Santa Marta la celebrazione eucaristica da lui presieduta, affidando alla misericordia di Dio il mondo intero e quanti erano implicati nell’emergenza della pandemia».

«Spero che quanto abbiamo vissuto nei primi mesi di pandemia – ha concluso il cardinale Parolin – abbia alimentato in molti fedeli una maggiore consapevolezza della vita sacramentale, unitamente al desiderio e all’attesa di una più viva partecipazione alla liturgia, culmine e fonte- come ci ricorda il concilio Vaticano II – di tutta quanta la vita della Chiesa».

com.unica, 28 agosto 2020