L’innovazione è orientata da gruppi ristretti di investitori e aziende i cui valori e interessi non riflettono necessariamente le esigenze della società. Una riflessione di Dani Rodrik, un economista che insegna all’Università di Harvard

L’innovazione è il motore delle economie odierne. Il tenore di vita delle persone è determinato dalla crescita della produttività, che a sua volta dipende dall’introduzione e dalla diffusione di nuove tecnologie che consentono di produrre una moltitudine crescente di beni e servizi a partire dalle risorse in diminuzione del nostro pianeta.

I leader politici e l’opinione pubblica in generale sono consapevoli dell’importanza dell’innovazione. Quello che capiscono un po’ meno è la misura in cui l’agenda dell’innovazione viene fortemente condizionata dalle pressioni di gruppi ristretti di investitori e aziende i cui valori e interessi non riflettono necessariamente le esigenze. della società.

Nelle economie sviluppate odierne, sono le imprese private a svolgere la maggior parte delle attività di ricerca e sviluppo. La quota del settore imprenditoriale sulla spesa totale in R&S oscilla tra il 60% a Singapore, il 78% in Corea del Sud, con gli Stati Uniti al vertice con il 72%. Tuttavia, è il settore pubblico che fornisce la maggior parte delle infrastrutture sociali, legali e accademiche che sono alla base della ricerca e sviluppo privata.

L’innovazione nel settore privato dipende fortemente dalla spesa pubblica nelle scienze di base e nei laboratori di ricerca. Si basa su talenti scientifici formati in università finanziate con fondi pubblici. Lo Stato concede diritti di monopolio agli innovatori attraverso il sistema dei brevetti e garantisce l’appropriazione privata dei rendimenti degli investimenti in R&S, attraverso il diritto del lavoro e dei contratti. Un altro aspetto importante è che la R&S privata è fortemente sovvenzionata dallo Stato attraverso crediti d’imposta e misure simili.

Come società, non dovremmo preoccuparci solo del volume di innovazione, ma anche dei tipi di nuove tecnologie che vengono sviluppate. Dobbiamo garantire che i nostri investimenti siano diretti verso tecnologie sicure, sane per l’ambiente, che sostengano il lavoro umano piuttosto che semplicemente sostituirlo, e che siano allineate ai valori democratici e ai diritti umani.

La direzione del cambiamento tecnologico non è fissata o determinata dall’esterno del sistema sociale ed economico. Questa traiettoria è modellata dagli incentivi, dai valori e dalla distribuzione del potere.

Nonostante il massiccio coinvolgimento dello Stato nel sostenere l’innovazione, i governi tendono a prestare pochissima attenzione alla direzione che il cambiamento tecnologico può prendere nelle mani degli attori privati. Tuttavia, le priorità delle imprese private spesso le portano a sottoinvestire in tecnologie in grado di garantire importanti promesse a lungo termine, come quelle che aiutano a ridurre il cambiamento climatico, o a non prestare sufficiente attenzione alle conseguenze di alcune innovazioni digitali per i diritti umani o la privacy. Le aziende farmaceutiche, ad esempio, favoriscono la prestazione di farmaci costosi contro le malattie rare che colpiscono le economie sviluppate, piuttosto che i vaccini contro le malattie tropicali che colpiscono milioni di persone nei paesi poveri.

I privati tendono anche a investire eccessivamente nell’automazione per aumentare i rendimenti del capitale e dei manager, a scapito dei dipendenti. Come notano gli economisti Daron Acemoglu e Pascual Restrepo, questa tendenza può portare all’avvento di “pseudo-tecnologie” che non sono convenienti per la produttività complessiva e, in ultima analisi, poco vantaggiose per i dipendenti.

La solita ossessione per l’automazione può portare anche gli investitori più intelligenti lontano dalla retta via. Nel 2016, Elon Musk ha annunciato che il Modello 3 di Tesla sarebbe stato prodotto in una fabbrica di automobili completamente automatizzata, che dovrebbe funzionare più velocemente di quanto gli esseri umani possano gestire. Due anni dopo, quel progetto stava iniziando a rallentare e la produzione effettiva è stata ben al di sotto degli obiettivi aziendali. Musk sarà costretto così a creare una nuova linea di assemblaggio – gestita interamente da lavoratori umani nel sito della fabbrica. “Gli esseri umani sono sottovalutati”, ha ammesso su Twitter.

Le priorità degli innovatori sono naturalmente determinate dal loro background culturale e sociale. In una recente pubblicazione, Josh Lerner, professore alla Harvard Business School, e Ramana Nanda, quantificano la distanza che può separare i valori e le priorità degli innovatori da quelli dei cittadini comuni.

Negli Stati Uniti, il capitale di rischio gioca un ruolo sproporzionato nel finanziamento dell’innovazione delle startup. Questo settore si sta rivelando altamente concentrato, con il 5% degli investitori che rappresenta il 50% del capitale raccolto.

Tre regioni – San Francisco Bay, Metropolitan New York e Metropolitan Boston – rappresentano circa i due terzi del settore e oltre il 90% dei membri del consiglio di amministrazione delle principali imprese. L’influenza dei capitali di rischio si estende anche oltre, poiché spesso agiscono come intermediari per altri investitori.

Il profilo sociale e accademico di coloro che prendono decisioni di investimento è altrettanto omogeneo. Lerner e Nanda riferiscono che tre quarti degli associati con almeno un seggio nei consigli di amministrazione delle principali società di capitale di rischio hanno studiato presso un’università della Ivy League, Caltech, MIT o Stanford. Quasi un terzo è laureato in due sole business school (Harvard o Stanford). Dovremmo aspettarci quindi che le decisioni di finanziamento prese siano influenzate dalla composizione sociale di questo gruppo.

Secondo Lerner e Nanda, la concentrazione geografica di queste società potrebbe aver contribuito all'”erosione” dell’attività di innovazione in altre parti del paese. “Le società di capitali di rischio con sede in altre città”, dicono, “probabilmente guarderanno a società radicalmente diverse in cui investire, date le prospettive uniche della loro economia locale”.

Ma esistono priorità distorte anche nei programmi di innovazione pubblica. Il più grande programma di supporto high-tech negli Stati Uniti non è altro che la Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA) che, come suggerisce il nome, si concentra sulle applicazioni militari. Sebbene molti progetti DARPA abbiano prodotto alcuni vantaggi per i civili (basti solo pensare a Internet e al GPS), le priorità dell’agenzia sono chiaramente influenzate da considerazioni di tipo militare.

Il settore che si occupa delle tecnologie per l’energia pulita della DARPA, l’Agenzia energetica per i progetti di ricerca avanzata (ARPA-E), dispone di appena un decimo del budget complessivo. Ma senza dubbio il problema più serio è legato al fatto che nessun governo attualmente ha un programma specificamente dedicato al finanziamento dello sviluppo di tecnologie a misura di lavoratore.

Se vogliamo che l’innovazione tecnologica sia davvero al servizio della società, la direzione che prende deve riflettere le priorità sociali. I governi stanno venendo meno alle loro responsabilità su questo aspetto fondamentale, considerando ampiamente che è difficile influenzare la traiettoria delle tecnologie. Tuttavia, siamo lontani dall’aver provato di tutto per indirizzare le tecnologie nella giusta direzione. L’innovazione è troppo importante per essere lasciata ai soli innovatori.

Dani Rodrik, project-syndicate agosto 2020

*Dani Rodrik è un economista di origine turca ed è professore di Politica Economica Internazionale all’Università di Harvard. È autore di svariati saggi economici, tra cui La globalizzazione intelligente (2011) pubblicato in Italia da Laterza, e il più recente Dirla tutta sul mercato globale (Einaudi 2019).

Traduzione dall’inglese di Sebastiano Catte