I biglietti si possono acquistare anticipatamente fino al 25 agosto

Cresce l’attesa per la mostra su Artemisia Gentileschi (1593-1654 o dopo) che si aprirà in autunno alla National Gallery di Londra. Rimandata a causa del lockdown imposto dall’emergenza coronavirus, “Artemisia”, la maggiore esposizione monografica mai realizzata nel Regno Unito sull’artista italiana, si aprirà il 3 ottobre per poi proseguire sino al 24 gennaio 2021, grazie alla generosità dei prestatori.
Non solo. La mostra si arricchirà di un ulteriore documento: la trascrizione originale del processo in cui l’artista Agostino Tassi è accusato di violenza su Artemisia Gentileschi (1612), in prestito dall’Archivio di Stato di Roma. È la prima volta che la trascrizione è esposta in pubblico, nonostante sia stata menzionata frequentemente nelle discussioni sulla prima infanzia di Artemisia a Roma e in relazione al suo stupro e al successivo processo. La trascrizione del processo, scritta in parte in latino ma con annotazioni in lingua italiana, sarà esposta aperta sulla pagina datata lunedì 14 maggio 1612.
“Emozionato” che la mostra apra al pubblico in autunno si è detto Gabriele Finaldi, direttore della National Gallery, certo che il pubblico inglese potrà così scoprire “la potenza dei suoi dipinti e della sua storia”.
La fonte di ispirazione per la mostra è stata la recente acquisizione da parte della National Gallery dell’Autoritratto come Santa Caterina di Alessandria (1615-17) di Artemisia Gentileschi, il primo dipinto dell’artista che entra a far parte di una collezione pubblica del Regno Unito.
In un’epoca in cui le donne artista non erano facilmente accettate, Artemisia Gentileschi fu straordinaria. La sua carriera si estese per oltre quarant’anni durante i quali acquistò fama e ammirazione in tutta Europa, contando varie persone di spicco tra i suoi patroni. Fu la prima donna ad entrare a far parte dell’Accademia degli artisti di Firenze.
Sebbene fosse molto ammirata nel corso della sua vita, fu principalmente riscoperta solo nel XX secolo. Alcuni elementi della sua biografia, in particolare lo stupro subito da giovane e le torture che dovette sopportare durante il processo che ne seguì, a volte hanno offuscato il dibattito sui suoi meriti artistici, anche se oggi è riconosciuta come una delle pittrici più dotate del Barocco italiano. La sua arte e la vita continuano ad ispirare romanzi, film, documentari, spettacoli musicali e teatrali.
La mostra “Artemisia” che sarà ospitata nella Sainsbury Wing dalla National Gallery presenterà uno studio altamente selettivo delle opere dell’artista, riunendo una trentina di opere sia da istituzioni pubbliche sia da collezioni private di tutto il mondo. La maggior parte dei prestiti in mostra non è mai stata esposta nel Regno Unito prima d’ora.
Il primo dipinto in mostra sarà la sua prima opera firmata e datata, Susanna e i vecchioni (1610, Kunstsammlungen Graf von Schönborn, Pommersfelden), dipinta quando aveva appena 17 anni. Artemisia riprese più volte questo tema nel corso della sua carriera, da vari punti di vista, come nel suo ultimo famoso dipinto, sempre sullo stesso soggetto, risalente a 42 anni più tardi, che pure sarà incluso nella mostra, Susanna e i vecchioni (1652) dal Polo Museale dell’Emilia Romagna, collezioni della Pinacoteca Nazionale di Bologna.
I visitatori saranno invitati a conoscere più a fondo Artemisia “a tutto tondo” – apprezzando così il suo genio, la passione e la resilienza, così come la sua vulnerabilità – attraverso alcune lettere personali scoperte di recente, specialmente conservate per la mostra.
La mostra sarà allestita in ordine cronologico partendo dalla formazione di Artemisia a Roma, dove impara a dipingere sotto la guida del padre Orazio, la cui Giuditta e la sua serva (1608 circa, Museo Nazionale di Arte, Architettura e Design, Oslo) sarà esposta accanto ai primi dipinti di Artemisia. Oltre alla sua Susanna, la prima sala includerà anche le opere Cleopatra (1611-12 circa, Etro Collection) e Danaë (1612 circa, Saint Louis Art Museum, acquisito dal museo).
Molti dipinti di Artemisia sono stati interpretati in passato come autobiografici e non vi è alcun dubbio che la sua identità personale sia strettamente intrecciata con la sua produzione artistica. Questo è vero soprattutto per la sua produzione fiorentina (1612/13-20), per la quale usò ripetutamente la propria immagine; forse come mezzo di auto-promozione. La sala dedicata al suo periodo fiorentino Becoming Artemisia in Florence (Diventare Artemisia a Firenze) si aprirà con un trio di opere datate tutte attorno al 1615, in cui è sempre lei la modella: l’Autoritratto come martire (collezione privata statunitense), l’Autoritratto come suonatrice di liuto (Wadsworth Ateneo Museo di Arte, Hartford, Connecticut, Stati Uniti, Charles H. Schwartz Endowment Fund) e l’Autoritratto come Santa Caterina di Alessandria (National Gallery, Londra). Nelle vicinanze verrà esposta anche la Santa Caterina di Alessandria delle Gallerie degli Uffizi di Firenze, che, come provato dalle analisi scientifiche più recenti a Firenze e a Londra, è strettamente correlata al proprio autoritratto della National Gallery.
Questa sala includerà anche uno dei pezzi forti indiscussi della mostra, affiancando per la prima volta nel Regno Unito le due versioni della più famosa e iconica composizione di Giuditta che decapita Oloferne: una del 1612-13 circa dal Museo e Real Bosco di Capodimonte a Napoli e l’altra del 1613-14 circa dalle Gallerie degli Uffizi. In questa rappresentazione della determinazione femminile che vince la forza bruta, Artemisia non nasconde lo spargimento di sangue. Il sangue scorre dalle lenzuola bianche mentre il generale assiro Oloferne si contorce sotto il peso dell’ancella di Giuditta. Il sangue schizza sui vestiti di Giuditta, mentre questa afferra la spada con una mano e gli tira i capelli con l’altra, negli occhi la determinazione. La violenza viscerale di questi dipinti è stata spesso interpretata come la vendetta artistica di Artemisia, che traspone su tela la propria esperienza di abuso. Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne (1623-25 circa, Detroit Institute of Arts, dono del sig. Leslie H. Green), capolavoro caravaggesco che mostra un pezzo successivo della storia, quando Giuditta si prepara a fuggire dal campo nemico con la testa di Oloferne, può essere ammirato in una sala adiacente.
Artemisia fu un’eccellente narratrice riuscì ad apportare un’inedita prospettiva femminile ai soggetti tradizionali, molti dei quali erano tratti dalla Bibbia o dalla storia antica. I suoi dipinti trattano temi ben noti, spesso caratterizzati da eroine femminili – Giuditta, Susanna, Cleopatra, Lucrezia -, di cui Artemisia fu in grado di comprendere l’essenza con sorprendente sensibilità e veridicità. La sua capacità di dipingere figure femminili forti, passionali e vulnerabili rimane una caratteristica della sua opera durante tutta la carriera di Artemisia.
Di particolare rilievo tra le sue “eroine” vi sono Lucrezia (1620-25 circa, Etro Collection), Cleopatra (1633-35 circa, collezione privata), Clio, musa della storia (1632, di proprietà della Fondazione di Pisa, esposto a Palazzo Blu, Pisa), David e Betsabea (Columbus Museum of Art, Ohio: acquisito dal museo, Schumacher Fund), Giaele e Sisara (1620, Museo Szépmvészeti / Museo di Belle Arti di Budapest), Susanna e i vecchioni (1622 The Burghley House Collection, Regno Unito) e il capolavoro ritrovato di recente Maria Maddalena in estasi (1620-25 circa, collezione privata europea), per la prima volta in mostra nel Regno Unito.
Una sala denominata The Hand of the Famed Artemisia (La mano della celebre Artemisia) esamina l’artista attraverso gli occhi e le opere di altri suoi colleghi. In mostra vi sono un ritratto del 1625 della sua mano eseguito dall’artista francese Pierre Dumonstier II, La mano destra di Artemisia Gentileschi che impugna un pennello (British Museum); e poi il Ritratto di Artemisia Gentileschi di artista sconosciuto (1625 circa, The Stephen K. and Janie Woo Scher Collection, New York) e il Ritratto di Artemisia Gentileschi con la tavolozza in mano del suo amico pittore francese Simon Vouet (1623-6 circa, di proprietà della Fondazione di Pisa, esposto a Palazzo Blu, Pisa). Qui sarà possibile ammirare, inoltre, la calligrafia di Artemisia e “sentire” la sua voce grazie ad una serie di lettere appassionate per l’amante fiorentino Francesco Maria Maringhi, scritte tra il 1618 e il 1620. Le lettere sono state scoperte solo nel 2011 e non sono mai state esposte fuori dall’Italia (Archivio Storico Frescobaldi, Firenze).
Due sale della mostra sono dedicate all’epoca di Artemisia a Napoli, la città in cui passò gli ultimi venticinque anni della sua vita e dove aveva aperto un fiorente atelier con la figlia Prudenza, anche lei pittrice. A Londra verranno esposte le prime pale d’altare di Artemisia: l’Annunciazione (1630, Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli) e San Gennaro nell’anfiteatro a Pozzuoli (1635-7 circa, Cattedrale Basilica San Procolo, diocesi di Pozzuoli, Napoli); così come le opere realizzate in collaborazione con altri importanti artisti napoletani.
La mostra si concluderà con il breve viaggio di Artemisia a Londra, dove si ricongiunse con il padre pochi mesi prima della sua morte. Fu qui, presso la corte di Carlo I d’Inghilterra, che dipinse Autoritratto come allegoria della pittura (La Pittura) (1638-9 circa, Royal Collection / HM Queen Elizabeth II), a lungo considerato come il culmine della sua carriera. Sebbene non sia un vero autoritratto, incarna la visione dell’artista sulla pittura come un atto fisico e significativo e la donna ispirata ritratta al cavalletto è indubbiamente autoreferenziale: è la stessa Artemisia.
La mostra è curata da Letizia Treves, James and Sarah Sassoon Curator di pittura italiana, spagnola e francese del XVII secolo. È stata possibile anche grazie al sostegno di Intesa Sanpaolo ed è supportata dal J. Paul Getty Jr Charitable Trust e da altri donatori.

com.unica, 21 agosto 2020