[ACCADDE OGGI]

Oggi, il 9 ottobre del 1944, Il primo ministro britannico Winston Churchill e il capo dell’Unione Sovietica Josef Stalin si incontrarono a Mosca, per disegnare i futuri confini di quella parte di Europa già occupata dall’Armata Rossa. Assente giustificato Roosevelt impegnato nella sua quarta campagna elettorale per farsi rieleggere Presidente degli Stati Uniti d’America. L’accordo, che passa alla storia come il “patto delle percentuali”, fu raggiunto in un clima disteso. In dieci giorni Unione sovietica e Gran Bretagna si accordarono sulle reciproche sfere di influenza. Alla Unione Sovietica il 75% della Bulgaria e il restante 25% agli alleati Inghilterra e Stati Uniti, per la Grecia il 10% a Urss e il 90% agli alleati, per l’Ungheria il 50% all’Urss e il 50% agli alleati, stesso fifty-fifty per la Jugoslavia e il 90% della Romania all’Urss e il 10% agli alleati. La Polonia non fu materia di discussione e per il 100% fu aggiudicata all’Urss. Si posero così le basi per dividere l’Europa in blocchi contrapposti anche se le percentuali andarono a farsi benedire a guerra finita e dopo la schiacciante presenza delle truppe sovietiche nell’est europeo.

Interessante quanto Sergio Romano sul Corriere della Sera dello scorso 7 marzo scrive in risposta ad un lettore che a tal proposito gli chiede se “…Churchill avrebbe potuto fare di più nel 1945 per contrastare l’espansione dell’Unione Sovietica nell’Europa orientale o che, date le condizioni disastrate dell’Occidente, non ci fosse la forza, anche militare, di opporsi a Stalin? Sicuramente Churchill aveva capito, ma che cosa poteva fare di più? Grazie per un suo parere”.

Questa la risposta di Sergio Romano: “Né Churchill né Roosevelt potevano ignorare, negli ultimi mesi del conflitto, che al tavolo dei “grandi”, dopo la fine della guerra, l’Urss avrebbe fatto richieste e avanzato pretese. Quando Churchill andò a Mosca per un incontro con Stalin, nell’ottobre del 1944, l’Armata Rossa aveva da poco debellato la Bulgaria, stava avanzando in Jugoslavia, in Polonia e nel Baltico, era alle porte di Budapest e si stava preparando a un’ultima e decisiva offensiva contro la Germania. Durante un incontro notturno al Cremlino, Churchill avrebbe detto a Stalin: ‘Cerchiamo di regolare i nostri affari nei Balcani. In Bulgaria e in Romania voi avete forze armate, noi abbiamo interessi, missioni, rappresentanti. Cerchiamo di non pestarci i piedi per piccole cose. Quanto alla Gran Bretagna e alla Russia, che cosa ne direbbe se la vostra influenza in Romania fosse del 90%, la nostra in Grecia altrettanto e se ciascuno di noi avesse il 50% in Jugoslavia?’. Annotò quelle percentuali su un foglio di carta aggiungendo l’Ungheria (50%) e la Bulgaria (75% ai russi). Stalin lesse il foglio e lo siglò in segno di approvazione. Forse Churchill non sapeva che anche nell’agosto di cinque anni prima Stalin aveva messo la sua firma, in caratteri cubitali, sul protocollo segreto con cui il Terzo Reich e l’Unione Sovietica avevano deciso di spartire la Polonia e il Baltico. Il patto del Cremlino non fu onorato per almeno due ragioni. In primo luogo i trionfi militari dell’Armata Rossa, durante la sua sanguinosa avanzata nei territori tedeschi dell’Est e in Europa centrale, aumentarono l’appetito di Stalin. In secondo luogo, l’Unione Sovietica era uno Stato ideologico, ispirato da una concezione messianica del comunismo, incapace di gestire pragmaticamente un’area d’influenza nel modo in cui la Gran Bretagna aveva costruito il suo Commonwealth. Ne avemmo una prova nel 1955 quando, dopo avere constatato che l’Austria non sarebbe mai divenuta sovietica, rinunciò al condominio quadripartito delle potenze vincitrici e si limitò a esigere la sua neutralità”.

(Franco Seccia, com.unica 9 ottobre 2020)