Il 22 maggio è un giorno molto importante per i buddhisti perché si celebra la nascita di Buddha.

La maggior parte degli storici sono concordi nel fissare la nascita del principe Siddharta tra aprile e maggio 558 a.C. a Kapilavastu, in Nepal. Figlio del re Suddhodana, si sposò a 16 anni con due principesse e tredici anni dopo una di queste gli darà un figlio, Rahula. Abbandonò il palazzo reale a 29 anni ed ebbe il supremo e completo “Risveglio” nell’aprile/maggio del 523 a.C. (nel 532 secondo alcuni). Dopo aver trascorso la sua vita predicando morì a 80 anni.

Egli non si è mai dichiarato un Essere Supremo, un profeta, né un inviato di Dio: si proclamava piuttosto un “Risvegliato” (Buddha) e perciò un maestro e guida spirituale. Dopo che si manifestò come Risvegliato la sua vita assunse la dimensione mitologica dei “ Grandi Salvatori”.

Si narra che nacque dal fianco destro di sua madre sotto forma di elefante o di bambino di sei mesi. La gestazione fu immacolata in quanto non avvenne nell’utero ma in un cofanetto di pietre preziose. Appena nato fece sette passi verso nord ed emise il ruggito di un leone, esclamando: “io sono il migliore del mondo, io sono il più alto del mondo, io sono il primogenito, questa è la mia ultima nascita, non ci saranno altre esistenze”. Quindi il mito della nascita lo pone trascendente rispetto al Cosmo e al di là dello spazio e del tempo. L’evento fu accompagnato da numerosi miracoli. Quando suo padre Suddhodana lo accompagnò al tempio brahamanico, gli dèi si mossero dai loro posti e cantarono un inno in suo onore. Il bambino ricevette dal padre il nome Siddhartha (Colui che ha raggiunto il suo Scopo). Dopo aver esaminato il suo corpo gli indovini trovarono i 32 segni fondamentali e gli 80 segni secondari del Grande Uomo e dichiararono che sarebbe diventato un Sovrano Universale o un Buddha. Secondo la leggenda, suo padre, udita la predizione degli indovini, cercò di isolare il principe dentro un palazzo circondato da un giardino dove potesse trovare ogni sorta di piacere. Ma gli dèi fecero in modo che durante le sue passeggiate vedesse, di volta in volta, prima un vecchio decrepito appoggiato a un bastone, poi un ammalato consumato dalla febbre, infine un morto. Nella sua ultima passeggiata vide un monaco, calmo e sereno. Questa visione lo rasserenò e comprese che la religione fosse l’unica a poter guarire le miserie umane.

Per rinforzare il suo percorso verso la Rinuncia, gli dèi fecero in modo che Siddhartha vedesse i corpi sgraziati delle sue concubine addormentate. Allora col favore dell’oscurità abbandonò il palazzo. A poche miglia da Kapilavastu si tagliò i capelli con la spada, scambiò i suoi vestiti con quelli di un cacciatore e rimandò indietro il suo stalliere con il cavallo. Da quel momento in poi non poté più contare sull’aiuto degli déi e raggiungerà il suo scopo con i propri mezzi. Divenne asceta itinerante con il nome di Gautama e fece un apprendistato filosofico (samkhya) e yoga della durata di un anno. Si sottopose a severe mortificazioni corporee e a pesanti digiuni fino a somigliare alla polvere e per questo fu chiamato Sakyamuni. Quando comprese l’inutilità dell’ascesi in quanto mezzo di liberazione, pose fine al digiuno. Accettò del riso bollito offertogli da una pia donna, ma i suoi discepoli costernati lo abbandonarono e partirono per Benares. Ristorato dal cibo, Sakyamuni si diresse verso il bosco, scelse un albero pipal (ficus religiosa) e si accovacciò ai suoi piedi aspettando il “Risveglio”. Prima di raccogliersi in meditazione fu attaccato dal dio Mara, la Morte, il quale aveva compreso che il suo regno stava finendo a causa della scoperta della salvezza, che avrebbe arrestato il ciclo delle morti e delle rinascite. La buona disposizione e i meriti di Sakyamuni fecero sì che intorno a lui si alzasse una barriera protettiva che lo rendesse invulnerabile. Con la mano destra toccò la terra, nel gesto classico dell’iconografia buddhista, e la terra spalancatasi fino alla cintola si fece garante dei meriti accumulati da Sakhyamuni nelle sue esistenze precedenti. L’attacco di Mara e la tentazione delle vergini sancirono l’assoluta purezza di Sakyamuni. Allora concentrò tutte le sue forze sulla liberazione dalla sofferenza. Diventato finalmente “il Risvegliato”, raggiunse a Benares i suoi discepoli, con l’intento di fondare una comunità e di esporre loro le Quattro Nobili Verità sul dolore e il cammino che conduce alla liberazione.

(Nadia Loreti/com.unica, 11 maggio 2016)