Il 25 marzo è stata inaugurata a Palazzo Fava – Palazzo delle Esposizioni di Bologna – una mostra dedicata all’opera di Edward Hopper, dal periodo della formazione parigina ai paesaggi e scorci cittadini degli anni ‘50 e ’60, attraverso più di 60 opere. Tra queste spiccano il grande quadro Soir Bleu, simbolo della solitudine e dell’alienazione umana realizzato nel 1914 a Parigi, South Carolina Morning (1955), Second Story Sunlight (1960), New York Interior (1921), Le Bistro or The Wine Shop (1909), Summer Interior (1909).

Prodotta e organizzata da Fondazione Carisbo, Genus Bononiae – Musei nella Città e Arthemisia Group in collaborazione con il Comune di Bologna e il Whitney Museum of American Art di New York, la mostra sarà aperta al pubblico sino al 24 luglio. È curata da Barbara Haskell (del Whitney Museum of American Art) in collaborazione con Luca Beatrice.

Il Whitney Museum ha ospitato varie mostre dell’artista, dalla prima nel 1920 al Whitney Studio Club a quelle memorabili del 1960, 1964 e 1980. Inoltre dal 1968, grazie al lascito della vedova Josephine, il Museo ospita tutta l’eredità dell’artista: oltre 3.000 opere tra dipinti, disegni e incisioni.

Nato e cresciuto a Nyack – una piccola cittadina nello Stato di New York – Edward Hopper era celebre soprattutto per i ritratti della solitudine nella vita americana. Alto un metro e novanta, era taciturno e schivo, un po’ come i suoi personaggi solitari da lui rappresentati. Scriveva o parlava pochissimo del suo lavoro. Il silenzio della sua arte ha influenzato la fotografia, la pubblicità e persino il mondo cinematografico, a partire dal cinema noir fino ad arrivare a Shirley – Visions of Reality di Gustav Deutsch del 2013 che si ispira ad Hopper a partire dalla locandina.

Morto nel 1967 all’età di ottantaquattro anni, la sua arte ha potuto godere della stima della critica e del pubblico nel corso di tutta la carriera, nonostante il successo dei nuovi movimenti d’avanguardia, dal Surrealismo all’Espressionismo astratto, alla Pop art. Nel 1956 il Time gli dedica la copertina. Nell’anno della sua morte rappresenta gli Stati Uniti alla prestigiosa Biennale di San Paolo. Da allora, l’opera di Hopper è stata celebrata in diverse mostre e ha ispirato innumerevoli pittori, poeti e registi. Si può affermare che la sua opera fosse pervasa da un forte senso di inquietudine. Non a caso André Breton, nel suo esilio a New York, lo aveva accostato a Giorgio de Chirico in un’intervista pubblicata sulla rivista “View” nel 1941.

(com.unica, 30 marzo 2016)