La lingua è un corpus vivo, naturale, racchiuso nella grammatica e nel lessico, ingabbiato da precise regole, ma che come tutte le cose vive si modifica ed evolve verso altre forme.

La lingua italiana sta subendo inevitabilmente l’influsso dell’evoluzione tecnologica nella comunicazione e si sta adeguando a quest’era di internet, delle chat- line, degli sms. A preoccupare psicologi, insegnanti ed esperti del settore è l’impoverimento del linguaggio, l’appiattimento dello stile di scrittura, il lessico banale ed uniformato, lo scadere del linguaggio verso il volgare e il faceto.

I giovani si trovano al centro della disputa, con la loro presunta incapacità di parlare, e scrivere, in Italiano. Una precisazione: più di linguaggio giovanile si dovrebbe parlare di uso linguistico dei giovani, perché la varietà adottata dai giovani, perché la varietà adottata da loro non è un linguaggio alternativo e indipendente dall’Italiano standard, piuttosto una varietà, appunto, adottata dai giovani in determinate situazioni comunicative. La struttura sintattica presenta scarsa pianificazione, scarso uso di frasi subordinate, numerosi incisi e ripetizioni. E’ un linguaggio parlato tra giovani, da pari a pari, ed è quindi caratterizzato da una maggiore libertà espressiva, con frequente ricorso all’oscenità, alla volgarità. È un linguaggio aggregante, che conferma l’identità di gruppo e che sottende, più o meno consciamente, il bisogno di allontanarsi dalla lingua comune agli adulti. Si arriva così a coniare numerosi neologismi, ad usare arbitrariamente prefissi e suffissi, nonché espressioni nate per altri scopi.

A seconda delle realtà socioculturali, nell’uso linguistico dei ragazzi si trova uno strato colloquiale informale e scherzoso, uno strato dialettale e gergale, uno strato proveniente da pubblicità e mass- media, oltre ai cosiddetti prestiti linguistici, ossia gli inserti di lingue straniere, maggiormente europee ed americane. Le varietà linguistiche giovanili annullano le differenze tra linguaggio formale e linguaggio informale, portando tutti a una vicinanza comunicativa di tipo familiare, privato, emotivo. È una sorta di processo di semplificazione che ha visto sparire il “Lei” ed il “Buongiorno” a favore del “tu” e del “ciao”, indirizzati indistintamente a giovani e meno giovani. Tra i tratti più temuti dai linguisti c’è l’abuso di parole pass-partout come “cosa”, “roba” e i frequentissimi “praticamente”, “cioè”, “dunque”. Si tratta di parole salvagente, strettamente correlate alla velocità del parlato giovanile, che non hanno come obiettivi la correttezza e la chiarezza, quanto piuttosto accattivarsi la benevolenza dell’interlocutore. Naturalmente la maggiore preoccupazione è provocata dagli sms e da quanto questi influenzino le forme di scrittura, anche in situazioni in cui si richiede un maggiore rigore, come i compiti in classe, test con domande a risposta aperta, tesine, prove di concorso, in cui non possono esistere l’eccessiva brevità, oppure l’informalità. È noto che alcuni “espedienti” sfruttati nella scrittura degli sms, siano utilizzati anche nel parlato.

La specificità gergale dei giovani risente della necessità di dare un nome alle cose, senza necessariamente farsi capire agli esterni di cosa si parli, ad esempio: essere in fissa, impaccarsi, avere uno svarione, andare in para. Non esiste un linguaggio giovanile unico, bensì tante varietà accumunate dalla formazione e dalla trasformazione delle parole, le quali esistevano già in molte varietà dell’Italiano colloquiale, di provenienza dialettale o intergenerazionale, e che comunque sono entrate con successo nell’Italiano medio parlato, come “paraculo”, “schizzato”, “sgamare”. La lingua si sta evolvendo quindi verso altre forme, complice il progresso, la tecnologia, i contesti sociali ed economici, l’immigrazione, il momento storico.

Il linguaggio giovanile ha una sua caratteristica fondamentale: è assolutamente transitorio e muta al variare delle generazioni e dei loro gusti. La lingua italiana è fortemente ancorata alla tradizione letteraria e questi fenomeni hanno vita dura ad essere accettati, nonostante si fossero già attestati in alcune opere dei secoli scorsi, soprattutto quelle teatrali, quindi con una imponente oralità. Negli ultimi anni il processo di semplificazione e di economia che ha investito la lingua italiana ha ridotto i pronomi di terza persona e si usa indifferentemente lei – lui – loro sia come pronomi soggetto che oggetto; il pronome indiretto maschile singolare “gli” ha sostituito anche l’indiretto femminile “le”. Le grammatiche più recenti, soprattutto quelle di tipo descrittivo e quindi più adatte agli stranieri, iniziano a riportare queste modifiche, accettando di fatto che la lingua stia cambiando. Tra i fenomeni tipici dell’oralità, da ricordare la riduzione del sistema dei pronomi relativi, in cui “il quale” sta cadendo nel dimenticatoio a favore di un sempre più abusato “che”; il maggior utilizzo dell’indicativo, soprattutto dei tempi presente ed imperfetto, a danno del congiuntivo, focalizzazione tipica del linguaggio parlato, più discorsivo e carico di altri elementi che non sono solo temporali.

Per far riscoprire la lingua italiana ai giovani, bisognerebbe tornare a dare spessore allo studio dei classici, dei testi umanistici, della filosofia, della poesia. E forse bisognerebbe abituarli a leggere libri sin da bambini, minimizzando l’uso della televisione. Bisognerebbe dare un valore diverso alle biblioteche, scolastiche e pubbliche, ai progetti di lettura e scrittura creativa, investire nel sapere. In questi nostri tempi caratterizzati dalla fretta, dalla velocità della comunicazione, dal bombardamento mediatico e dalle immagini, non ci dovrebbe meravigliare più di tanto che il nostro idioma si banalizzi e si appiattisca. Un buon libro, tuttavia, aiuterebbe non solo a riscoprire la lingua, ma anche se stessi.

Nadia Loreti, com.unica, 15 novembre 2017