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Il 10 novembre 1938 tutta la Turchia si fermò per piangere la morte del proprio “padre” Mustafa Kemal, poi Mustafa Pascià, poi Mustafa Kamal e infine Kemal Ataturk. Ataturk, che in lingua turca significa padre dei turchi. Pochi uomini nella storia meritano di essere considerati e chiamati “padre” di una nazione. Ataturk è tra questi perché la Turchia così come la conosciamo oggi è una sua creazione. Mustafa Kemal Ataturk, era nato a Salonicco, che allora era territorio turco, da padre di origine albanese, ed era l’unico superstite di sei figli quasi tutti, tranne lui, morti in tenera età. Si avviò giovanissimo alla carriera militare distinguendosi brillantemente come ufficiale nelle due guerre che segnarono il tramonto dell’impero ottomano, la prima del 1911 contro l’Italia per il possesso della Tripolitania e la seconda, la “grande guerra”, che vedeva la Turchia alleata dell’impero austroungarico e della Germania contro le forze della triplice intesa.

Persa la guerra l’impero ottomano fu smembrato e la stessa Costantinopoli furono occupate dalle potenze vincitrici mentre la Grecia si impossessò di gran parte dell’Anatolia. Ataturk che già a Salonicco aveva partecipato al movimento dei “giovani turchi” si pose alla testa del fronte nazionalista e nel 1919, riunendo le residue forze di quella che era stata la poderosa armata turca, riuscì a sconfiggere i greci e le forze rimaste fedeli al sultano Maometto VI così restituendo alla Turchia la maggior parte dei suoi territori. Forte del poter acquisito depose il sultano ponendo fine al califfato che rappresenta per i mussulmani qualcosa di simile al papato per la chiesa cattolica e diede vita alla Repubblica Turca fondata sui principi del Kemalismo, il movimento politico di cui fu l’ispiratore.

La Repubblica voluta da Ataturk cambiò il volto alla Turchia e l’avvicinò, persino nel costume all’Occidente, egli stesso vestiva all’occidentale. Tra le norme rivoluzionare adottate da Ataturk vanno ricordate: il suffragio universale, la parità dei sessi, la domenica come giorno festivo al posto del venerdì, l’uso del calendario gregoriano e del il sistema metrico decimale, l’adozione dell’alfabeto latino, la proibizione dell’uso del velo islamico alle donne nei locali pubblici, la proibizione per gli uomini dell’uso del Fez e del turbante, la legalizzazione delle bevande alcoliche, l’adozione di nuovi codici e l’abrogazione del reato di omosessualità. Insomma, in nemmeno in vent’anni, Mustafa Kemal Ataturk cambiò il volto della Turchia. La grandezza dell’uomo è anche dimostrata dalle numerose attribuzioni, contrastanti e a volte interessate, che alcuni studiosi danno delle sue origini. Alcuni dicono che era russo di provenienza caucasica, altri sostengono che era macedone e albanese, altri ancora gli attribuiscono origini cripto-ebraica discendente dei seguaci del rabbino Shabbatay Shevi, costretto dal Sultano a convertirsi all’Islam nel 1666 con 4000 seguaci, dando origine ad una setta segreta ancora presente a Salonicco.

Infine, in un libro dello studioso Fatih Bayhan di pochi anni fa è data per certa la sua origine armena in quanto sarebbe nato non a Salonicco ma Malatya l’antica Melitene capoluogo dell‘Anatolia Orientale e cioè dell’Armenia Occidentale. Sta di fatto che il 10 novembre del 1938 l’intera Turchia pianse la morte di Kemal Ataturk “il dittatore democratico”. Oggi, passati quasi ottant’anni, con la nuova rotta intrapresa dalla Turchia, anche per colpa di un’Europa che non riesce a liberarsi del grave pregiudizio di “mamma li turchi”, v’è sempre più il grave rischio che i figli non riconoscano più il “padre” e che la Turchia ritorni a “velarsi” dimenticando gli insegnamenti di Kemal Ataturk.

(Franco Seccia, com.unica, 10 novembre 2020)