[ACCADDE OGGI]

L’imminenza del voto referendario del prossimo mese di dicembre suggerirebbe di saltare la pagina del 21 ottobre 1860 nel calendario della storia e di parlare d’altro. Ma non si può e non si deve perché resta valido l’insegnamento di Cicerone che diceva “non sapere che cosa sia accaduto nei tempi passati, sarebbe come restare per sempre un bambino” anche se spesso i bambini capiscono più degli adulti e più dei grandi sanno distinguere tra il bene e il male.

Il 21 ottobre 1860 Napoli e tutte le province dello sconfitto Regno delle Due Sicilie (ma Gigi Di Fiore nel suo “Gli ultimi giorni di Gaeta” – Rizzoli editore – ci ricorda che a Gaeta ancora si combatté fino alla capitolazione e alla resa di Francesco II di Borbone il 13 febbraio 1861) furono chiamati al voto per rispondere al quesito “Il popolo vuole l’Italia Una e Indivisibile con Vittorio Emanuele Re costituzionale e i suoi legittimi discendenti?”. Così era scritto (non erano tempi nei quali si poteva aspettare la pronuncia della Giustizia amministrativa sulla correttezza del quesito) sulla scheda consegnata ai 2.800.000 iscritti al voto sparsi sull’intero territorio dell’ex Regno borbonico. Di questi votarono solo 2.177.806 e alla fine si contarono 1.734.117 schede a favore e solo 10.929 schede contrarie mentre nulla è dato sapere sul numero degli astenuti. Ecco, parliamo di schede a favore e di schede contro come segno evidente di un voto non segreto e al contrario molto palese che forse anche per questo oltre che per i numeri passerà alla storia, naturalmente quella scritta dai vincitori, come plebiscito.

In tanti, sia storici e cronisti del passato e sia storici del presente considerati revisionisti, hanno scritto sul “plebiscito” del 21 ottobre 1860. In tanti hanno criticato e evidenziato l’atmosfera di paura e di terrore che segnarono quei giorni e quelle ore. Erano tempi in cui il consenso lo si pretendeva con la forza perché come scritto nel quesito “Il popolo vuole” che è un’intimidazione più che una domanda.

Oggi grazie a Dio i tempi sono cambiati. L’uso della forza e della coercizione fisica è abolito esistendo ben altri mezzi per catturare il favore e il consenso pur sempre all’insegna del “popolo vuole”.

(Franco Seccia, com.unica 21 ottobre 2018)