Una riflessione di Simone Schiavinato sul ruolo fondamentale degli italiani nel mondo per la versione online de L’Italo Americano di Los Angeles. 

Ottobre è un mese speciale per gli italo-americani, visto che è dedicato al loro patrimonio e alla loro storia. Ottobre è anche il mese che ricorda l’arrivo di Cristoforo Colombo nel Nuovo Mondo e, indipendentemente dall’interpretazione personale che si dà dell’evento, la figura dell’esploratore italiano è profondamente radicata nella storia degli Stati Uniti e dell’intero continente americano. America: il nome musicale di una terra che, per noi “europei-italiani”, rimane sinonimo di libertà e di sogni, un nome ispirato da un altro esploratore italiano, Amerigo Vespucci”. Si apre con queste riflessioni l’editoriale di Simone Schiavinato.

“Negli anni del Rinascimento, anni di grandi scoperte geografiche, gli italiani aprirono la strada, ispirati com’erano dal loro innato desiderio di conoscenza, motore potente di molti viaggi verso l’ignoto e di innumerevoli incontri che hanno cambiato la storia. Quegli italiani avevano una vera sete di conoscenza ma, per essere giusti con la storia – e con il popolo del mio Paese – da secoli conoscere, apprendere, perfino esplorare sono temi cari ai cuori degli italiani. Perché esplorare, nel significato più ampio, comprende tutto ciò che esiste. L’esplorazione non si traduce esclusivamente nella scoperta di una nuova terra o nel conoscere meglio qualcosa di poco conosciuto, esplorare significa cercare risposte. E da dove vengono le risposte se non dalla nostra incondizionata e profondamente umana necessità di sapere? Leggetela in questo modo e l’esplorazione diventa il processo di scoperta della conoscenza ovunque si possa trovare, dai mari ai monti, dai cieli fino al nostro corpo. Dall’immensa regolarità della teoria musicale alla comprensione di come la musica riesca a portarci alle lacrime o alle risate, senza neppure essere visibile all’occhio. Dallo scoprire se esiste vita al di fuori della Terra, alla più profonda e più coinvolgente fra tutte le esplorazioni, quella della nostra anima. Tutti coloro che hanno dedicato la propria esistenza a trovare risposte, tutti, sono esploratori.

Esploratore fu Trotula, conosciuta anche come Trocta De Ruggero, il primo dottore donna nella storia dell’umanità, che praticava nell’XI secolo. Veniva da una famiglia ricca e aristocratica, Trocta, ed è certamente grazie alle sue origini che le porte della prima scuola medica della storia, quella di Salerno, le si sono aperte: l’istruzione superiore non era poi un posto per donne, allora. Ma questo non dovrebbe diminuire l’importanza delle sue azioni e dei suoi successi. Trocta, che aveva bisogno di sapere come funziona il nostro corpo e come poteva essere curato. Trocta, la prima a dedicare studio e tempo alla pratica ginecologica. Trocta, esploratrice del corpo umano, ma anche donna che esplora il mondo dell’uomo e scopre che, sì, lei aveva il cervello e la forza per avere successo in quel mondo.

Mille anni dopo, l’esplorazione è tutt’altro che finita e gli esploratori italiani sono ancora lì, spesso ad aprire la strada. Italiano ed esploratore era Umberto Veronesi che, proprio come Trotula, dedicò la sua vita alla scoperta. Trotula aveva fatto ricerche nel mondo della salute femminile, Veronesi in quello del cancro, con un solo obiettivo in testa: batterlo. Una vita guidata dalla necessità e dal desiderio di imparare, di scoprire, di salvare vite. Un esploratore, sicuramente, Veronesi: non importa se i suoi viaggi non hanno trovato tutte le risposte e alcune terre inospitali ancora rimangono senza nome. Il suo lavoro ha aiutato la medicina a conquistare terre pericolose e ha insegnato ad altri esploratori come lui come continuare a cercare. 

Esploratore fu Dante, che aveva sete della sua lingua, quella che parlava per strada e sembrava così morbida e musicale. Perché non provare a vedere se era sufficientemente valida per discutere di filosofia e dell’uomo, di Dio e della vita? Il Latino, bello e austero, era usato per tutto questo, ma Dante sentiva, forse sapeva, che anche il suo volgare poteva funzionare altrettanto bene. E così ha esplorato e quello che ha scoperto lo ha messo in parole su una pagina bianca, dandoci La Vita Nova e La Divina Commedia, scoprendo la lingua italiana. E che scoperta è stata: parliamo ancora come lui. Nel XX secolo era il significato e, in realtà, la forma delle parole, l’oggetto da esplorare per Marinetti e i suoi compagni futuristi, leader di scoperte linguistiche creative, e lo era per i surrealisti, che lo cercavano nell’immaginario dei sogni e impararono a usare le parole per evocarlo: Dino Buzzati era uno di loro.

Esploratore fu, naturalmente, Galileo Galilei, che camminò lungo la linea sottile che ci ha portato alle stelle e ha fatto dei cieli il suo mare. Le scoperte di Galilei inizialmente non furono ben accolte e lo sappiamo tutti, ma che cosa sarebbe ora la scienza senza le sue esplorazioni, senza la sua determinazione ad imparare e ad abbracciare la conoscenza, indipendentemente dalle sue conseguenze? Avremmo avuto l’allunaggio e l’esplorazione dello spazio, le nuove frontiere dell’uomo? Anche i moderni esploratori italiani vi hanno partecipato, fino a Samantha Cristoforetti, la prima donna italiana a toccare, letteralmente, le stelle con le dita.

In ultimo, ma la cosa non è certamente meno importante, l’Italia ha dato al mondo esploratori di bellezza, creatori d’arte. Giotto, tutti quei secoli fa, ha esplorato le tonalità e la prospettiva ed è stato il primo a rendere la pittura simile alla vita, espressiva, in movimento. Michelangelo, la cui esplorazione della pietra e del marmo portò alla scoperta dell’immensa quantità di vita in essi, traspose i volumi e la forma delle arti tridimensionali in pareti, soffitti e tele. I corpi, quelli di Michelangelo, sono l’ultima scoperta sul come renderli più reali della realtà, più corporei e fatti di carne della carne stessa, usando solo i colori e la materia inanimata.

Ora lo capite. Gli esploratori non solo vagano per terra e mari. Gli esploratori vagano per tutti gli aspetti e le sfaccettature della conoscenza e delle abilità umane e anche se i risultati e gli obiettivi possono variare, lo scopo finale è sempre lo stesso: apprendimento. E l’Italia, quando si pensa in questo modo, ha dato al mondo migliaia di esploratori più di quanto si pensi. In realtà, c’è molta più esplorazione italiana delle scoperte di Colombo o Vespucci”.

(Simone Schiavinato, L’Italo Americano ottobre 2017)