Il capolavoro di Picasso ispirato dal bombardamento della città basca durante la guerra civile spagnola il 26 aprile 1937. Simboleggiava la Spagna colpita a morte attraverso le sue creature più indifese: donne, bambini e animali. 

Il 26 aprile 1937, durante la guerra civile spagnola, la cittadina basca di Guernica fu selvaggiamente colpita da un’incursione aerea della Legione Condor, comandata dal generale tedesco Hugo Sperrle, con il supporto dell’Aviazione Legionaria italiana. Era un lunedì, giorno di mercato. Nella piccola cittadina erano giunti dalle campagne circa tremila contadini che portavano alla fiera il loro bestiame da vendere, l’olio e il vino. Le strade erano affollate, la giornata era calda, i ragazzini facevano rimbalzare la palla contro i muri delle case e della chiesa. Due caccia Heinkel tedeschi iniziarono a sorvolare il centro della città, ma alle 16.30 ne comparvero una trentina che, scesi in picchiata, iniziarono a mitragliare lasciando a terra donne, bambini, vecchi e animali. I cavalli e i tori fuggivano impazziti in una scia di sangue, calpestando e uccidendo i feriti. Poi arrivarono venti bombardieri a sganciare una pioggia di ordigni che spazzò via la piccola cittadina di Guernica, lasciando in piedi monconi di rovine annerite dal fuoco. Morirono 1654 persone. I feriti furono 889. Il 70% della cittadina era andato distrutto. Stranamente era rimasta in piedi solo la quercia dietro la chiesa. La versione ufficiale fornita dai tedeschi recitava che l’obiettivo era il Ponte di Renteria, sul Fiume Oca, e che i forti venti avevano deviato le bombe sulla bucolica cittadina. In realtà l’attacco fu intenzionale, poiché avevano ritenuto l’area geografica adatta a compiere test di distruzione con i nuovi velivoli, come confermò lo stesso Hermann Göring durante il processo di Norimberga, per provare l’effetto psicologico demoralizzante della distruzione delle città dall’alto.

Pablo Picasso appresa la storia di Guernica, ne trasse ispirazione per realizzare un dipinto di grandi dimensioni, 351 X 782 cm, che verrà poi esposto al Padiglione Spagnolo allestito presso la Fiera Internazionale di Parigi. Guernica, come fu chiamata l’opera, simboleggiava la Spagna colpita a morte attraverso le sue creature più indifese: donne, bambini e animali. Nonostante le dimensioni del dipinto, Picasso aveva ridotto al massimo le presenze umane puntando a una grandezza, a una solennità interiore e morale. Il lavoro fu realizzato a tempera su tela, con tonalità quasi monocromatiche, bianco e nero, con qualche sfumatura di grigio e accenni di tinte viola, blu e brune. Un palpitare di agonia, lutto, tenebre. I personaggi simbolici dell’opera, il toro, il cavallo, l’uomo che precipita, la donna che regge la lampada, sono gli stessi che figurano nell’incisione Minotauromachia. La scena si svolge al buio, la città è avvolta dalle fiamme. Le situazioni rappresentate sono diverse e l’opera si può scomporre geometricamente: nel triangolo centrale la donna in fuga e il cavallo ferito, al suo vertice la luce elettrica che proviene da un sole-occhio e la donna con la lampada. Nel rettangolo di destra l’edificio in fiamme e la donna che cade. A sinistra, dietro a un toro furente una donna piange con il suo bambino morto tra le braccia. Le altre figure sono gli uccelli e i fiori, simboli di speranza. La composizione racconta una umanità ferita e sofferente, le tenebre insidiose del fascismo tenute a bada, il cavaliere caduto simbolo delle vittime repubblicane, la resistenza del popolo spagnolo.

Sulla triste storia di Guernica si è acceso un dibattito storiografico per fare luce sulle tante contraddizioni della propaganda di guerra, sul numero esatto delle vittime che ancora divide le opinioni. Tuttavia grazie all’acquisizione di nuovo materiale e all’apertura degli archivi di stato è stato possibile confermare una verità da sempre ostacolata dal regime franchista: non furono i repubblicani Baschi a bruciare Guernica con la loro dinamite, con lo scopo di incolpare i nazionalisti. L’attacco aereo a Guernica fu un crimine nazifascista e colse tutti di sorpresa: nonostante la presenza di due fabbriche di armi, la cittadina non costituiva un obiettivo strategico, come non lo era il Ponte di Renteria, che a fronte del massiccio bombardamento fu colpito da un solo ordigno. Fu costruito un solo rifugio collettivo antiaereo perché non ci si aspettava di diventare zona di guerra, la popolazione si era organizzata portando materiale di scarto e sacchetti di sabbia alle porte della città e rinforzando porte e finestre delle proprie abitazioni. La sua capacità difensiva era nulla, affidata a qualche mitragliatrice e a qualche vecchio fucile. Non esisteva contraerea, né artiglieria, leggera o pesante che fosse. Secondo la fonte Gernika Vasca, alcuni testimoni ricordano che l’unica unità militare che presidiava Guernica era un battaglione di Fanteria, il “18° de Loyola”.Quel pomeriggio c’era tanta povera gente indifesa all’aperto e fu vittima di un test per verificare la portata di un bombardamento indiscriminato. Le bombe incendiarie, le “termiti”, più di diecimila spezzoni, mandarono in cenere le case di Guernica, per lo più di legno e costruite una addossata all’altra, separate da stretti vicoli medievali. Le vittime, le alte colonne di fumo e gli incendi, visibili a dieci miglia di distanza, erano la prova di quanto fosse potente e temibile la macchina da guerra tedesca.

(Nadia Loreti, com.unica 26 aprile 2017)