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Sarà ricordato come il “grande esternatore” e il “picconatore”

Il 24 giugno 1985 il sassarese Francesco Cossiga viene eletto alla prima votazione Presidente della Repubblica Italiana raccogliendo i voti di tutti i partiti del cosiddetto, allora, arco costituzionale compreso il PCI. Cossiga fu uno studente modello che anticipò i tempi per la maturità e per la laurea in giurisprudenza consentendosi l’ingresso all’insegnamento universitario nelle materie giurisprudenziali.

Era molto legato alla sua Sardegna e quasi beandosi della sua forte inflessione nella pronuncia in ogni occasione si intratteneva a dare lezioni di logudorese, di campidanese e principalmente di turritanese che è la lingua che si parla nel sassarese.

Era un appassionato ricercatore di novità nel campo delle comunicazioni via etere e appena arrivato al Quirinale fece installare sul tetto del palazzo che fu dei papa e dei re una grossa antenna da radioamatore.

Politicamente era un democristiano anche se amava definirsi un democristiano liberale e come tale intraprese una strada politica diversa e conflittuale a quella del suo cugino di secondo grado Enrico Berlinguer.

Quando fu eletto alla massima carica dello Stato succedendo al socialista Sandro Pertini proveniva da lunghissime esperienze ministeriali e in questa veste, da Ministro dell’Interno attraversò gli anni bui del terrorismo su cui, smesse le funzioni istituzionali, avrà molto da raccontare.

Trascorse i primi quattro anni del suo mandato presidenziale in silenzio mentre sempre più forte si faceva in lui la convinzione che le cose non andavano e che il sistema mostrava crepe evidenti sulle quali era urgente intervenire. Incominciò a parlare, ad “esternare” e provocò la rabbia di molti, dai magistrati, ai giornalisti ai politici soprattutto di parte comunista che, pentiti per averlo votato arrivarono al punto di definirlo pazzo e a chiederne l’impeachment.

Ma Cossiga fu anche “picconatore” e resta memorabile la storia dei carabinieri che su suo ordine circondarono la sede del Consiglio Superiore della magistratura pronti ad intervenire se fosse rimasto all’O.d.G di quella seduta la censura dei magistrati all’allora presidente del Consiglio Craxi.

Quando lasciò in anticipo di qualche mese l’incarico perché costretto si rivolse agli italiani nel suo ultimo messaggio da Presidente con queste parole: “Parlare non dicendo, tacendo anzi quello che tacere non si dovrebbe, non sarebbe conforme alla mia dignità di uomo libero, al mio costume di schiettezza, ai miei doveri nei confronti della Nazione. E questo proprio ormai alla fine del mio mandato che appunto va a scadere il prossimo 3 luglio 1992. Questo comportamento mi farebbe violare il comandamento che mi sono dato, per esempio di un grande Santo e uomo di stato, ed al quale ho cercato di rimanere umilmente fedele: privilegiare sempre la propria retta coscienza, essere buon servitore della legge, ed anche quindi della tradizione, ma soprattutto di Dio, cioè della verità. Ed allora mi sembra meglio tacere”.

Ma poi non tacerà e anzi sarà un fiume in piena quando i potenti non ne ebbero più timore e si avvantaggiarono del suo continuo andare controcorrente fino al punto di aver portato, lui il pazzo nemico delle istituzioni democratiche e avversario dei comunisti e degli antifascisti, un ex comunista come D’Alema a capo del governo.

(Franco Seccia/com.unica 24 giugno 2023)