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Il 13 aprile 1943 Radio Berlino trasmise questo comunicato “nelle vicinanze della città polacca di Smolensk tra i boschi della foresta di Katyn è stata trovata una grossa fossa, lunga 28 metri e ampia 16, riempita con dodici strati di corpi di ufficiali polacchi, per un totale di circa 3.000. Essi indossavano l’uniforme militare completa, e mentre molti di loro avevano le mani legate, tutti avevano ferite sulla parte posteriore del collo, causate da colpi di pistola. L’identificazione dei corpi non comporterà grandi difficoltà, grazie alle proprietà mummificanti del terreno e al fatto che i Bolscevichi hanno lasciato sui corpi i documenti di identità delle vittime. È già stato accertato che tra gli uccisi c’è il generale Smorawinski, di Lublino”.

In realtà i morti di quell’orrendo massacrò furono oltre 20mila e le fosse comuni ritrovate furono tre. In gran parte si trattava di ufficiali polacchi e militari prigionieri dei sovietici, ma vi erano anche civili soprattutto tra quelli uccisi e ammanettati al bordo delle fosse mentre gli altri erano stati uccisi nei campi di prigionia e poi gettati nelle fosse. La tecnica dell’esecuzione fu la stessa per tutti, un colpo alla nuca sparato con proiettili di provenienza tedesca perché l’orrenda strage fosse attribuita ai nazisti.

All’annuncio del ritrovamento delle fosse Mosca negò ogni addebito e nonostante le risultanze di una commissione neutrale della croce rossa internazionale che chiaramente attribuiva ai sovietici la responsabilità del crimine minacciò gli alleati inglesi e americani di rompere la cooperazione bellica se essi avessero pubblicamente avallato le conclusioni dell’indagine della croce rossa.

Churchill e Roosevelt tacquero anche se conoscevano la verità, quei morti servivano alla loro causa comune. Ci vorranno 47 anni perché sempre un 13 aprile del 1990 il Cremlino ammetta di essere stato il mandante di quel crimine di guerra, un feroce crimine contro l’umanità compiuto dalla milizia di Berija e ordinato da Stalin. Ancora oggi il governo russo si rifiuta di accogliere la richiesta del governo polacco di risarcire i parenti delle vittime di quel massacro che sdegnosamente non vogliono definire il “genocidio di Katyn”.

(Franco Seccia/com.unica, 13 aprile 2019)