[ACCADDE OGGI]

Il paese nel quale nacque Giovanni Passannante, Salvia di Lucania in Provincia di Potenza, oggi, per sua “colpa”, si chiama Savoia di Lucania. Fu il prezzo che tutto i suoi compaesani, benché ignari dei propositi e dei progetti del giovane anarchico loro concittadino, dovettero pagare a casa Savoia per il fallito attentato alla vita di Umberto I di Savoia che Giovanni Passannante portò a compimento a Napoli nell’allora Largo della Carriera Grande, oggi Piazza Principe Umberto.

Re Umberto da poco succeduto al padre Vittorio Emanuele II aveva deciso, in questo anche sollecitato dalla cugina Margherita di Savoia che aveva sposato dieci anni prima stabilendo la loro residenza nella reggia di Napoli con lo scopo di farvi nascere il loro erede che sarà Vittorio Emanuele III, di fare un giro per le principali città d’Italia per farsi vedere dal suo popolo. Gli italiani, riuniti nel Regno d’Italia da poco più di un decennio, non lo conoscevano e successivamente avranno più di un motivo per non amarlo. Sarà lui, infatti, “il Re mitraglia”, a concedere la Gran Croce dell’Ordine militare di Savoia al generale Fiorenzo Bava Beccaris, quello che ordinò   l’uso dei cannoni contro la folla a Milano che protestava “per lo stomaco” provocando una carneficina.

Sarà sempre lui, “il Re nudo”, ad essere accusato di aver trasferito all’estero un centinaio di milioni provenienti dalla Banca Romana, somme che gli servivano per pagare le numerosi amanti, e perciò implicato nello scandalo della Banca Romana con la copertura dell’allora presidente del consiglio Giovanni Giolitti. In ogni caso, tornando al tour nelle maggiori città del Regno al fine di mostrarsi al popolo, Re Umberto accompagnato dalla consorte Regima Margherita, dal figlio Vittorio Emanuele III e dal presidente del Consiglio Benedetto Cairoli, proveniente da Foggia, dove un tale Alberigo Altieri tentò di aggredirlo, giunse a Napoli il mattino del 17 novembre 1878 accolto da preparativi sfarzosi che suscitarono molte proteste nel consiglio comunale della città. Ad attenderlo in mezzo a tante persone, in particolare donne, desiderose di porgere suppliche al sovrano, v’era anche Giovanni Passannante un giovane di 29 anni, cuoco e libero pensatore autodidatta, repubblicano mazziniano e animatore di diversi circoli internazionalisti. Egli era giunto a Napoli da Salerno dove gestiva la Trattoria del Popolo, dove si servivano spesso pasti gratuiti, per stabilirsi nella città capoluogo arrangiandosi tra mille mestieri e rinsaldando sempre più le sue idee internazionaliste e i suoi propositi regicidi. Fu così che Passannante, quando il corteo reale giunse a Largo della Carriera Grande, balzò dalla folla e al grido di “Viva Orsini! (l’anarchico italiano che attentò alla vita di Napoleone III), Viva la Repubblica Universale!” salì sul predellino dell’augusta carrozza e brandendo un coltello si avventò contro Re Umberto riuscendo solo a ferirlo al braccio sinistro. La regina lanciò in faccia all’aggressore il mazzo di fiori che aveva in grembo e urlò al primo ministro “Cairoli, salvi il re!”. Cairoli rimase anch’egli ferito mentre i corazzieri immediatamente accorsi colpirono duramente il Passannante alla testa e lo catturarono. Giovanni Passannante subirà un processo che fece molto discutere per il ruolo della difesa e per la giuria non propriamente imparziale. La sua famiglia fu dichiarata folle e suo fratello Giuseppe fu internato nel manicomio criminale di Aversa, in realtà aveva la malaria.

A conclusione del processo e nonostante molti interventi in suo favore da parte di molti intellettuali stranieri e italiani, fra tutti Giovanni Pascoli a cui viene attribuita l’ode che in alcuni versi recita “…Colla berretta d’un cuoco, faremo una bandiera”, Giovanni Passannante fu condannato a morte. La sentenza non sarà eseguita per la grazia concessagli da Umberto e che lui mai richiese. Fu recluso nel carcere di Portoferraio dove trascorrerà 10 anni attaccato ad una corta catena di 18 chilogrammi, in una cella piccolissima, umida, buia, senza servizi igienici e posta sotto il livello del mare, nella Torre del Martello che sarà poi chiamata Torre di Passannante. Durante i lunghissimi dieci anni di detenzione contrarrà di verse malattie e, isolato dal resto del mondo, sarà visitato solo attraverso uno spioncino da alcuni parlamentari socialisti. Poi, verrà dichiarato pazzo e rinchiuso nel manicomio criminale di Montelupo Fiorentino dove, dopo essere diventato cieco, morirà il 14 febbraio 1910.

Il suo corpo avrà sepoltura nel cimitero della sua natia Salvia(Savoia) di Lucania soltanto dopo quasi un secolo, dopo che il suo cervello e parte del suo corpo, immersi in una soluzione di cloruro e zinco, furono preservati nel manicomio di Montelupo Fiorentino per poi essere portati alla Scuola Superiore di Polizia associata al carcere giudiziario “Regina Coeli” di Roma e successivamente presso il Museo Criminologico dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia di Roma. Re Umberto I di Savoia a cui il socialista e anarchico Amilcare Cipriani attribuì la responsabilità delle torture detentive subite dal Passannante, morirà il 29 luglio 1900 assassinato da un altro anarchico, Gaetano Bresci, appositamente rientrato dall’America. La salma di Re Umberto I è sepolta nel Pantheon di Roma… “un tempio solare”.

(Franco Seccia/ com.unica, 17 novembre 2019)