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Sopra o sotto, dove doveva nascere in quel di Fucecchio, il paesino che costeggia l’Arno alle porte di Pisa e di Firenze, il 22 Aprile 1909 Indro Montanelli? Per la nonna doveva nascere a Fucecchio di sopra la parte del paese abitata dalla gente che contava e non a Fucecchio di sotto tra quelli che non contavano, tra la gente comune. L’ebbe vinta la nonna e Indro nacque nel palazzo avito della mamma e al povero papà non restò altro che continuare la polemica con la schizzinosa suocera e perciò andò a registrare il figliolo al Comune imponendogli accanto al primo nome Indro, un nome che suonerà profetico: Schizogene che in greco significa “Colui che genera polemiche”. E di polemiche Montanelli ne ha generate tante lungo l’arco della vita, una vita che considerò “condannata al giornalismo, perché non avrebbe saputo fare niente altro”. Sarà vero, ma certo il giornalismo lo seppe fare in maniera ineguagliata, da giovane collaboratore di riviste giovanili di orientamento fascista a apprezzato articolista de “L’Universale” di Berto Ricci su cui scrisse un pezzo contro il razzismo ricevendo le congratulazioni di un Mussolini non ancora assoggettato alla politica hitleriana.

Da redattore del parigino “Paris-soir” a ricercato collaboratore dell’”United Press” di New York fino all’approdo al “Corriere della Sera” che lo annovererà negli anni come il più apprezzato inviato speciale e, poi, tra le più illustre firme del grande quotidiano milanese. Il nome Schizogene scritto sulla sua carta di identità lo accompagnerà per sempre anche nelle vicende della politica: fascista convinto e poi ferocemente critico verso il regime, non si dichiarò mai antifascista timoroso di confondersi con i comunisti che fieramente avversò sempre.

I pochi che hanno avuto l’onore di conoscerlo dicono che aveva una personalità introversa e che non amava essere contraddetto. Ne pagò le spese anche Berlusconi che dopo averlo foraggiato per la sua ultima impresa giornalistica nella fondazione de “Il Giornale” non volle seguire il suo suggerimento di tenersi lontano dalla politica. Per questo Montanelli ingaggiò una furiosa battaglia contro il cavaliere e da nemico giurato della sinistra passò gli ultimi anni sentendosi blandito e omaggiato dagli stessi che aveva sempre avversato e combattuto. Indro Montanelli si turerà ancora una volta il naso e concluderà la sua lunga vita chiuso nella sua “stanza del Corriere” per insegnare che un buon “giornalista è un onesto uomo di mestiere, che ha scelto un lavoro di fatica e anche umile ed è pagato per raccontare alla gente quello che è successo il giorno prima; un artigiano, che deve molto imparare dalla buona bottega dove opera, che deve molto studiare, molto leggere; che nel proprio lavoro deve mettere molta serietà e molto senso della misura.”

Festeggiando a Fucecchio, questa volta a valle, i suoi novant’anni, il 22 aprile 1999, Montanelli fece questa confessione: “Ho un racconto in testa che non riesco a scrivere, è un sogno che via via che invecchio mi ritorna sempre più frequentemente. Ci sono io, salgo a piedi la collina che conduce alla villa, in mezzo al bosco… Da bambino il bosco, tra i due paduli di Fucecchio e di Bientina, era il mio regno. Arrivo fino al cancello della villa, ormai è un giardino dei ciliegi. Entro, suono il campanello e mi viene ad aprire il me stesso che è rimasto lì. Tale e quale a me, solo più vecchio. Mi dice: “Cosa vuoi?”. E io dico: “Vorrei entrare”. Dice che non ne ho il diritto. “Tu te ne sei andato, hai avuto una bella vita, successi, avventure, donne. Qui sono rimasto io. Vedi le mie rughe? Sono le stesse della villa. Guarda, le tegole cadono, ci sono le crepe nei muri. Sono rimasto solo, non ho mezzi, ma io difendo questo giardino dei ciliegi. Questo è il mio mondo, tu non ci puoi entrare, non appartieni più a questo mondo”.

(Franco Secca/ com.unica, 22 aprile 2023)