Gli Stati Uniti hanno imposto nuove sanzioni su sei persone e tre aziende accusate di aver finanziato con milioni di dollari il Corpo delle guardie della rivoluzione islamica. La stessa Banca centrale iraniana è sospettata di aver aiutato i pasdaran ad accedere a dollari americani (BBC). Nel frattempo c’è il rischio di un’escalation del conflitto in Medio Oriente: dopo il lancio di missili tra Iran e Israele, i due Paesi sono stati invitati a fare un passo indietro, sia dal Segretario generale dell’Onu Antonio Gutierres che dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri Federica Mogherini. La paura è che s’inneschi una spirale di guerra che possa interessare anche altre nazioni (The Guardian).

Nei confronti dell’Europa c’è oggi un richiamo da parte del New York Times, secondo cui il vecchio Continente dovrebbe smettere di essere “lo zerbino di Trump”. L’articolo è firmato da Steven Simon e Jonathan Stevenson, due esperti diplomatici molto autorevoli che hanno avuto ruoli chiave sul Medio Oriente nel Consiglio di sicurezza nazionale Usa all’epoca di Obama e che hanno contribuito in prima persona all’accordo sul nucleare iraniano appena affossato dal presidente. Secondo i due editorialisti i leader europei devono piantarla con l’inutile «verbosità» con cui provano invano a far ragionare il presidente americano. Lo scontro frontale tra alleati è ai loro occhi necessario e inevitabile: perché solo se vedrà l’Europa non cedere agli Usa, l’Iran manterrà in vita l’accordo e non riprenderà la corsa alla bomba atomica. I due studiosi ricordano il precedente della guerra in Vietnam, profondamente osteggiata ma non evitata dagli europei. Stavolta è diverso, avvertono: stavolta l’Europa è parte in causa, firmataria del trattato e con un interesse vitale alla stabilità in Medio Oriente. Queste le conclusioni: “Se non finisce la politica estera da zerbino dell’Unione europea, potremo tranquillamente parlare di 28 colonie governate dall’altra parte dell’oceano”.

(com.unica, 11 maggio 2018)