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Thor Heyerdahl, l’antropologo e esploratore norvegese che ostinatamente volle togliere i primati delle traversate transoceaniche a Cristoforo Colombo, il 28 aprile 1947 partì da Callao in Perù con una zattera di legno di balsa, come quelle costruite secondo la tecnica dell’antico popolo Incas, e dopo aver navigato per 101 giorni raggiunse l’atollo di Raroia nella Polinesia francese coprendo una distanza in misura terrestre pari a quasi settemila chilometri.

L’imbarcazione a cui venne dato il nome di Kon-Tiki, ovvero “figlio della pioggia”, fu costruita grazie al legno di balsa rinvenuto in grande quantità nella foresta honduregna e seguì scrupolosamente le tecniche descritte dai colonizzatori spagnoli sulle barche rinvenute in Perù. Fu però equipaggiato con strumentazioni moderne e soprattutto con la radio di bordo sì da segnalare eventuali pericoli lungo la traversata. Il vettovagliamento fu assicurato oltre che da una tonnellata d’acqua, da noci di cocco, patate dolci e dalle famose “razioni k” fornite dall’esercito americano in cambio della scrupolosa rendicontazione della dieta osservata dai sei navigatori del Kon-Tiki.

In verità nelle intenzioni di Heyerdahl il successo della traversata aveva lo scopo di dimostrare che le migrazioni transoceaniche e la colonizzazione di nuove terre avvennero in epoca lontanissima tanto lontana da confutare l’origine stessa di alcune razze. La tesi sostenuta dall’esploratore norvegese è ancora oggi materia di dibattito ma è innegabile la dimostrata sete dell’uomo per nuove conoscenze e la volontà di scoprire nuovi mondi. Il Kon-Tiki Museo di Oslo, oltre ai diari e ai documentari, ospita alcune delle imbarcazioni utilizzate da Thor Heyerdahl che scelse come sua ultima dimora il nostro Paese.

(Franco Seccia, com.unica 28 aprile 2018)