[ACCADDE OGGI]

Si dice Brasile e il pensiero corre immediatamente ai carnevali di Salvador de Bahia o di Rio de Janeiro, alle spiagge da sogno di Ipanema e Copacabana, alla maestosità del Corcovado e del Pan di Zucchero, all’incanto di Bahia e ai giardini di San Paolo, alla musica tropicalista dei grandi interpreti come Caetano Veloso, Gilberto Gil e Gal Costa.

Si dice Brasile e molti tra noi ricordano lontani parenti, i brasiliani di origine italiana che nella totalità di quasi trenta milioni formano il 15% dell’intera popolazione “carioca” (termine controverso che potrebbe anche significare abitanti bianchi delle prime case coloniche). Ancora si dice Brasile e i più attenti alle cose politiche vanno con la mente a questo paese dell’America del Sud travagliato da guerre, colpi di stato, finte democrazie, scandali inimmaginabili per uomini politici che avrebbero dovuto rappresentare la faccia pulita di questa Nazione che, comunque, continua ad essere annoverata al settimo posto nella scala dell’economia mondiale.

Il calendario della storia, però, impietosamente ci ricorda che il 31 marzo 2005 nel poverissimo distretto di Rio de Janeiro chiamato Baixada Fluminense le cosiddette “squadre della morte” sparando all’impazzata per le strade del quartiere uccisero 29 persone. Non fu certamente questo il primo, e purtroppo non sarà l’ultimo, episodio di bestiale violenza attribuito a questi uomini della Polícia Militar brasiliana che costituitisi in bande girano per le strade più povere e tra le favelas sparando all’impazzata contro inermi cittadini (se ragazzi il bersaglio è più prelibato), colpevoli di essere poveri, di vivere arrangiandosi, insomma, esseri indesiderati da eliminare ad ogni costo.

In un rapporto dell’organizzazione non governativa cattolica Jubilee Action si legge che capita frequentemente che i commercianti di un quartiere contattino i gruppi di sterminio incaricandoli di eliminare ragazzi accusati di piccoli furti. Altre vittime preferenziali sono ragazzi di colore, meninos de rua (ragazzi di strada) che approfittano in maniera gratuita dei mezzi pubblici e gli omosessuali che spesso prima della pallottola subiscono abusi sessuali. Segnali allarmanti di un ritorno di queste squadracce si leggono su tutti i giornali del mondo e speriamo che la voglia di presentare una Rio de Janeiro pulita per le imminenti olimpiadi non le rimettano in azione. Ugualmente ci auguriamo che i giochi universali di Rio facciano aprire gli occhi alla comunità internazionale sulle condizioni di vita e sulla minaccia di sterminio dell’antico popolo Guarani.

(Franco Seccia/com.unica 31 marzo 2019)