“…L’ultimo grande Maestro, lo splendido portavoce dell’arte dei suoni, colui che ereditò e dilatò la fama immortale di Hendel e di Bach, di Mozart e di Haydn, ha concluso la sua esistenza, e noi, piangendo, siamo qui accanto alle corde spezzate dello strumento che ora tace. … Arte che scendi dall’alto. Saldo si tenne a te, e persino quando fu serrata la porta attraverso la quale entravi in lui e gli parlavi, quando divenne cieco alle tue fattezze, nel suo sordo orecchio, egli continuava a portare nel cuore la tua immagine, e anche sul letto di morte l’aveva nel petto. Fu un artista, e chi è in grado di stargli a pari? …Musa dei canti e del suono degli archi! Voi tutti attorniate la sua tomba e incoronatelo d’alloro! Fu un artista, ma anche un uomo, uomo in ogni senso, nel senso più alto. Poiché si isolò dal mondo lo dissero ostile, e poiché fuggiva le sensazioni comuni lo dissero privo di sentimenti. Ah! Chi si sa duro non fugge, ma sta fermo e non si turba. Sono proprio le punte più tenere quelle che più facilmente si piegano e si spezzano. Se fuggì il mondo fu perché nel profondo del suo animo, disponibile all’amore, non trovò alcun sostegno per resistergli. Se si sottrasse agli uomini, fu perché essi non volevano salire fino a lui, ed egli non poteva scendere fino a loro. Fu solo perché non trovò chi gli fosse pari. … Così fu, così morì, così vivrà per i secoli dei secoli. “. Sono alcune delle parole che Franz Grillparzer, lo scrittore e drammaturgo austriaco, pronunziò il 29 marzo 1827 dinanzi alla strabocchevole folla radunatasi dalla Schwarzspanierhaus, la sua ultima dimora, fino al Glacis centrale della Vienna ottocentesca per piangere la morte di Ludwig van Beethoven morto tre giorni prima il 26 marzo 1827.

Non sappiamo se sia vera la storia tramandataci dal musicista Anselmo Huttenbrenne, amico del grande compositore che per ultimo lo vide sul letto di morte: “Solo la sig.ra van Beethoven ed io eravamo presenti gli ultimi istanti di vita di Beethoven. Beethoven giacque, rantolante, dalle tre fino alle cinque, quando un lampo, accompagnato da un violento rombo di tuono, illuminò di luce accecante la camera del morente. A questo straordinario fenomeno della natura, che mi colpì profondamente, Beethoven aprì gli occhi, sollevò la mano destra, guardò in alto per alcuni secondi, col pugno destro chiuso, e con aria minacciosa come se volesse dire: “Potenze ostili, io vi sfido. Allontanatevi da me. Dio è con me”. Pareva che, come un eroico comandante, volesse gridare alle sue truppe che cedevano: “Avanti! Abbiate fede in me. La vittoria è sicura!” Quando il braccio alzato ricadde sul letto, gli occhi gli si chiusero a metà.”

Vera o non vera questa storia resta il pugno di Beethoven verso il cielo non in segno di sfida verso Dio ma come il gesto di colui che dice all’onnipotente grazie a te ce l’abbiamo fatta e il mondo potrà apprezzare la grandezza del tuo creato anche attraverso la musica che un sordo come me ha dato all’umanità intera per la gioia di sentire la grandezza di Dio.

Franz Schubert, tra i più grandi degli ammiratori di Beethoven, subito dopo gli imponenti funerali di Ludwig van Beethoven si riunì con gli amici musicisti Benedetto Randhartinger e Franz Lachner per omaggiare il compositore scomparso intorno al tavolo di un famoso ristorante viennese. Schubert alzò il bicchiere esclamando: “Alla memoria del nostro immortale Beethoven!”, poi riempì nuovamente il suo bicchiere e disse: “Bene, e ora brindo a colui che tra noi seguirà per primo il nostro Beethoven!”. Fu la profezia della sua immatura scomparsa per andare a riposare accanto all’immortale Beethoven nel cimitero viennese di Wahring. Eternamente gli uomini continueranno ad ascoltare la loro musica come un “Inno alla gioia” e si uniranno nella preghiera dell’”Ave Maria”.

(Franco Seccia/com.unica, 26 marzo 2022)