“Le collezioni settecentesche delle Gallerie degli Uffizi contano più di cinquecento dipinti, ma sono forse meno note al grande pubblico rispetto ai capolavori rinascimentali, specialmente da quando, alcuni anni fa, è stata chiusa la sala dedicata proprio a questo settore, al secondo piano della Galleria delle statue e delle pitture. In occasione del duecentocinquantesimo anniversario della morte di Canaletto abbiamo voluto selezionare alcune opere tra le più significative, tra quelle in deposito e quelle nelle sale già dedicate agli stranieri, e dare così un assaggio del respiro veramente europeo della raccolta”. L’annuncio arriva dal direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt, che ha inaugurato il 7 febbraio scorso la mostra “Il Settecento. Una selezione“.
L’esposizione, a cura di Alessandra Griffo sarà allestita sino al 15 aprile nella Sala delle Nicchie di Palazzo Pitti.
I dipinti scelti sono diciassette e a sottolineare l’illuministica, vocazionale laicità del secolo è stata consapevolmente evitata la presenza di opere di soggetto religioso che potranno essere argomento di una futura selezione. In questa occasione la sezione più ampia rende omaggio appunto a Canaletto: due sue vedute veneziane sono affiancate da scorci di Firenze, Roma e Napoli e alimentano il mito inesauribile delle città predilette fin dai primi viaggiatori del Grand Tour in Italia.
Alla suggestione del viaggio, stavolta risolta in chiave esotica, rinviano le due precoci scene “turchesche”, dipinte nei primi anni del Settecento per gli ultimi Medici, come la sultana che legge, presunta immagine di Maria Adelaide di Francia ripresa da Liotard in abiti mediorientali. Certamente ritratti sono invece quello della contessa di Chinchón, modulazione virtuosistica di toni grigi, azzurri e tortora, eseguito da Goya sulle soglie dell’Ottocento e che a quel secolo prelude, come pure quelli di Vittorio Alfieri e della sua musa, contessa d’Albany, raffigurati da Fabre a testimonianza di un intenso legame sentimentale, vissuto da protagonisti della scena culturale e internazionale fiorentina.
Uno sguardo al contrario più intimo sul mondo dell’infanzia e del gioco è offerto dai due fanciulli di Chardin e dal microcosmo famigliare della saporosissima inquadratura di Crespi.
“Sono nuclei di opere suscettibili di ulteriori aggregazioni, spunti per riflettere sulla complessità di un secolo vario che vide gli opposti incontrarsi o scontrarsi”, commenta Alessandra Griffo, curatrice della pittura del Settecento, degli Arazzi, dei Mobili e delle Carrozze; “perfino i confini geografici si fecero più labili e gli scambi internazionali più fitti: un poeta italiano si fa ritrarre da un francese, un olandese dal nome italianizzato, Vanvitelli, concorre alla nascita del vedutismo italiano e poco dopo un inglese contribuisce all’iconografia di Firenze”.