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Una vita di lotte che si intreccia con la storia recente dell’Italia e che rende l’uomo protagonista degli eventi, a volte, il più delle volte, subendoli. È la storia di Pietro Nenni nato il 9 febbraio 1891 a Faenza a nemmeno 40 chilometri di distanza da Predappio dove 8 anni prima era nato Benito Mussolini.

Non si può parlare di Pietro Nenni senza incrociare l’altro romagnolo Benito Mussolini, entrambi di umili origini, anche se il “duce” era figlio di un fabbro e la mamma faceva la maestra, mentre il Nenni aveva i genitori camerieri di un’agiata famiglia di proprietari terrieri, insieme furono mangiapreti e anarcoidi, ugualmente agitatori e sindacalisti e giornalisti di testate di lotta proletaria fino alla direzione dell’Avanti che Mussolini guidò qualche anno prima di Nenni; ma più di tutto insieme frequentatori delle regie galere. Pietro Nenni arrivò ai socialisti proveniente dai repubblicani, per i quali aveva fondato i “fasci di combattimento” di Ravenna, quando Mussolini lasciati i socialisti si apprestava a marciare su Roma con il suo movimento fascista.

L’adesione ai socialisti di Nenni avveniva mentre si consumava l’ennesima scissione e nasceva il partito comunista italiano. Poi il regime fascista e la messa al bando dei diversi partiti e l’esilio del romagnolo di Faenza mentre il suo compagno di Predappio arringava  l’Italia del consenso dal balcone di Palazzo Venezia. Nenni continua a credere nella lotta proletaria e va volontario in Spagna dove si inaugura quel fronte popolare che alla fine della guerra e alla caduta del fascismo porterà al fronte comune e popolare in Italia con la conseguente perdita del primato socialista tra i partiti della sinistra italiana. Si ravvedrà di questa sua scelta e rinuncerà ai vari premi Stalin quando ancor prima dell’invasione dell’Ungheria scriverà che  “…Senza democrazia e senza libertà tutto si avvilisce…anche le istituzioni sorte dalle rivoluzioni proletarie…”.

La sua sarà una continua lotta contro l’ala massimalista del partito che continuava a strizzare l’occhio ai comunisti anche quando Nenni darà il suo assenso alla nascita dei governi di centrosinistra. Favorirà l’ascesa del suo fidato segretario Bettino Craxi alla segreteria del partito del garofano e per fortuna non farà in tempo a vedere la fine del suo pupillo e il definitivo tramonto del Partito Socialista.

I due romagnoli, Pietro e Benito si rincontreranno all’altro mondo per ricordare e forse rinfacciarsi le reciproche vicende:  “Quando giunsi a Ponza vi era confinato Nenni. Oggi sarà un uomo libero. Ma se è ancora in vita lo deve proprio a me. Sono molti anni che non lo vedo, ma non credo sia cambiato molto” scrive Mussolini nel suo diario di prigionia dopo essere stato arrestato dal re; e Nenni risponde guardando l’ex duce dalla finestra della sua stanza dell’isola pontina dove era giunto liberato dai tedeschi per volere dello stesso Mussolini… “Ora vedo col cannocchiale Mussolini: è anch’egli alla finestra, in maniche di camicia e si passa nervosamente il fazzoletto sulla fronte. Scherzi del destino! Trenta anni fa eravamo in carcere assieme, legati da un’amicizia che paresse sfidare le tempeste della vita… Oggi eccoci entrambi confinati nella stessa isola: io per decisione sua, egli per decisione del re e delle camarille di corte, militari e finanziarie, che si sono servite di lui contro di noi e contro il popolo e che oggi di lui si disfano nella speranza di sopravvivere al crollo del fascismo“.  

(Franco Seccia/com.unica, 9 febbraio 2024)