Dopo un giorno e una notte di fibrillazioni, alle 4 del mattino la direzione del Partito democratico ha approvato le liste dei candidati. Al voto non hanno però partecipato le minoranze di Orlando, Emiliano e Cuperlo, in polemica per essere state penalizzate dalle scelte finali. Renzi ha definito l’esperienza “devastante” (Repubblica):  “Questa è una delle esperienze peggiori, una delle esperienze più devastanti dal punto di vista personale. Abbiamo ricevuto dei no, alcuni mi hanno fatto male: persone – ha aggiunto – con cui abbiamo fatto anche un pezzo di strada insieme”. Il condirettore di Repubblica Tommaso Cerno lascia il giornale per candidarsi con i democratici (Il Post).

Come riportato dall’Adnkronos, ci sarebbero state decine di modifiche nelle liste definitive dei grillini rispetto a quelle venute fuori dalle parlamentarie. Alcuni candidati sono ‘spariti’ dalle liste, altri hanno semplicemente cambiato collocazione. Non figura più nell’elenco, ad esempio, Gedorem Andreatta, candidato per la Camera in Veneto. Una corsa, la sua, finita nelle polemiche perché gestore di un hotel nel vicentino, dove vengono ospitati i profughi. In Calabria non è più in lista al Senato Maria Pompilio, sostituita da Silvana Abate. Alla Pompilio, stando ai rumors locali, sarebbe stata contestata la candidatura di facciata: il marito, attivissimo a Palmi (in provincia di Reggio Calabria), in passato è stato candidato nell’Udc di Pier Ferdinando Casini.

I numeri. Secondo un sondaggio pubblicato da Repubblica il Pd avrebbe perso due punti in un mese, scendendo al 23%; 5Stelle primo partito al 28%, stabile il centrodestra al 34%. A destra, Forza Italia cresce ed è vicina al 16%. Mentre, parallelamente, la Lega perde qualcosa, ma resta prossima al 13%. Insieme a FdI di Giorgia Meloni, i partiti di destra raggiungono quasi il 34%. E vanno oltre, se consideriamo le piccole formazioni di centro. Quanto al grado di fiducia dei cittadini, il premier Paolo Gentiloni resta ancora “il più amato dagli italiani”. La stima nei suoi riguardi si avvicina al 50%. Gentiloni, dunque, è considerato affidabile da quasi un italiano su due. Assai più degli altri leader di partito come ad esempio Di Maio e Salvini, che comunque vengono dati in recupero di fiducia, insieme a Silvio Berlusconi, a conferma del ritorno del Cavaliere al centro del dibattito politico. In fondo alla graduatoria, insieme a Beppe Grillo e a Beatrice Lorenzin, troviamo anche il Presidente del Senato, Pietro Grasso.

(com.unica, 27 gennaio 2018)