A novembre 2017 gli occupati in Italia erano 23.183.000, con un aumento di 65.000 unità su ottobre e di 345.000 su novembre 2016. Lo rileva l’Istat spiegando che si tratta del livello più alto dall’inizio delle serie storiche, nel 1977. Ma è boom dei contratti a termine e incidono ancora le disparità tra uomini e donne (Il Sole 24 Ore). Ma c’è soprattutto un’anomalia che balza subito in evidenza: se consideriamo i dati destagionalizzati del terzo trimestre 2017, si scopre che tre fra i settori più in crescita nel segmento dei servizi ci sono «noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese» (+2,5%), «attività immobiliari» (corrispondenti ad esempio al ruolo di agente immobiliare, +2,1%) e «attività dei servizi di alloggio e di ristorazione» (+1,4%). Un’indagine del professor Emilio Reyneri, sociologo del lavoro dell’Università Bicocca di Milano, basata su dati Ocse, ha rivelato che l’Italia è l’unico mercato europeo (insieme alla Grecia) dove la ripresa non ha favorito la crescita di professioni ad alto tasso di qualifiche, magari di ambito tecnico-scientifico.

Intervistato su Repubblica, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti afferma che “i nuovi contratti a tempo sono meglio dei vecchi co.co.pro.” e ammette che i tempi di implementazione di Garanzia Giovani sono più lunghi del previsto. Il segretario Pd Matteo Renzi è tornato a parlare di questi temi in un’intervista al Quotidiano Nazionale, lanciando l’idea di un salario minimo legale per quei lavori per cui non è previsto un importo minimo stabilito dai contratti collettivi nazionali. Si tratta di una proposta già anticipata da Tommaso Nannicini, docente di economia e responsabile del programma economico del PD, che in un articolo pubblicato su Avvenire aveva scritto: «È il momento di introdurre un salario minimo legale che abbracci tutti i lavoratori».