L’analisi del direttore de “La Stampa” Maurizio Molinari su come rispondere alla strategia destabilizzante di Mosca attraverso intrusioni informatiche.

La Nato sente l’urgenza di definire una strategia per proteggersi dall’«influenza maligna» degli hacker russi e l’Italia è il prossimo banco di prova su questo fronte di fibrillazione con Mosca. Il Consiglio atlantico svoltosi a Bruxelles nei giorni scorsi ha visto il segretario di Stato, Tillerson affrontare con gli alleati l’urgenza di darsi la «strategia che non c’è» per fronteggiare le intrusioni cibernetiche provenienti da «attori russi» – più o meno riconducibili alle politiche del Cremlino – il cui intento sembra essere portare scompiglio dentro i Paesi occidentali al fine di minare la stabilità tanto della Nato quanto dell’Unione europea. Ovvero, le due alleanze occidentali uscite rafforzate dalla dissoluzione dell’Urss al termine della Guerra Fredda.

Sono almeno 18 mesi, dalla vigilia delle presidenziali Usa, che i maggiori Paesi Nato – Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia, Francia e Germania – dedicano tempo e risorse per esaminare gli elementi a disposizione sulle intrusioni digitali di questi «attori russi». L’analisi oramai condivisa è che si tratta di una minaccia «esistente» anche se fmora non c’è prova che sia stata «decisiva» nell’influenzare singoli risultati. Agli hacker russi vengono attribuite con crescente sicurezza le incursioni digitali nel referendum sulla Brexit come nelle elezioni americane ed in più Paesi europei ma resta il dubbio se siano state effettivamente in grado di condizionarne l’esito. E’ invece oramai evidente la tattica che origina gli attacchi cyber – dalle fake news al furto di informazioni – perché l’intento non è sostenere singole forze politiche ma chiunque porti instabilità. Proprio perché questo «scompiglio» è stato innescato in più Paesi c’è convergenza nella Nato sulla necessita di «rispondere a livello strategico».

I singoli alleati sono all’opera per definire politiche capaci di premere su Mosca su un doppio fronte: deterrenza e dialogo. Ciò significa sfruttare da un lato i contatti diretti e dall’altro le contromisure elettroniche per far capire al Cremlino che la scelta di «portare il disordine» in Occidente è destinata a fallire così come la disinformazione sovietica negli Anni Settanta ed Ottanta non riuscì a far implodere l’Alleanza diffondendo – in maniere assai più rudimentali – slogan e intolleranza contro «il capitalismo sfruttatore», l’«America guerrafondaia» e il «sionismo-razzismo».

Il sospetto che si fa largo nella Nato è che oggi come allora Mosca per stabilizzare i propri confmi punti a destabilizzare i rivali, con la differenza di poter disporre adesso dello spazio digitale che consente di raggiungere milioni di persone in pochi secondi. In attesa di sapere quali formule gli alleati sceglieranno per disinnescare il pericolo dell’«influenza maligna» – come viene definita da alti funzionari Nato – possono esserci pochi dubbi sul fatto che la nuova tappa della sfida cyber con Mosca sarà il nostro Paese, per il semplice motivo che è il prossimo alleato dove avranno luogo elezioni politiche. Sulla base dei precedenti in Francia e Germania, in ambienti occidentali si ritiene che gli hacker russi tenteranno anche qui di influenzare le urne per complicare la futura governabilità.

Visto l’esito in Germania, dove è bastato il 13 per cento di voti all’estrema destra per ostacolare la nascita di una nuova coalizione, l’Italia si presenta come una preda assai più facile in considerazione dei sondaggi che prevedono una situazione di stallo. Tutto ciò inquieta i nostri partner ed alleati perché l’Italia ha un alto valore strategico in ragione delle basi Nato e Usa che ospitiamo – dal comando Africa a Vicenza al nuovo hub anti-terrorismo a Napoli fmo alle piste per droni di Sigonella – del numero record di soldati che impieghiamo in missioni internazionali, dei risultati nella prevenzione di attacchi jihadisti e della nostra posizione in mezzo al Mediterraneo teatro di migrazioni di massa e duelli fra potenze. Senza contare il ruolo chiave che possiamo giocare per il possibile rilancio della Ue dopo la Brexit. In breve, un’Italia ingovernabile dopo le legislative sarebbe un grave danno per la Nato, pregiudicherebbe il rilancio della Ue e indebolirebbe la difesa degli interessi dell’Occidente nel Mediterraneo.

Ecco perché la Nato vuole gli strumenti per arginare l’offensiva degli hacker russi in casa nostra. Ma non è tutto perché l’unico canale multilaterale rimasto aperto nelle relazioni fra Est ed Ovest è l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), composta da tutti i Paesi dell’emisfero settentrionale, di cui proprio l’Italia assumerà la presidenza di turno dall’inizio del nuovo anno. Ciò significa che durante il 2018 l’Osce a nostra guida sarà un canale diretto fra Nato e Mosca, la cui gestione avrà un valore non indifferente. Sono tali e tanti tasselli a spiegare perché le prossime elezioni italiane sono al centro di una crescente attenzione internazionale, evidenziata dalle notizie che abbiamo pubblicato dagli Stati Uniti sulle intrusioni digitali attribuite ai russi per favorire alcune forze politiche a danno di altre.

(Maurizio Molinari, La Stampa 10 dicembre 2017)