I referendum consultivi sull’autonomia regionale vincono la scommessa riuscendo a portare al voto rispettivamente il 57,2% degli aventi diritto in Veneto e oltre il 40% in Lombardia. I sì all’autonomia sono al 98% in Veneto e oltre il 95% in Lombardia. Il voto non ha alcun effetto pratico ma consegna ai presidenti di Regione, Luca Zaia e Roberto Maroni, un capitale politico da spendere nel dialogo con il governo.

Zaia ha definito il voto “una pagina storica” e ha chiesto di trattenere nel bilancio regionale i nove decimi delle tasse (Sole 24 Ore), come altre regioni speciali. Il governo ha risposto di essere pronto al dialogo, con il sottosegretario agli Affari regionali, Claudio Bressa (Corriere), mentre secondo il vicesegretario Pd e ministro Maurizio Martina si discuterà ma non di fiscalità (Repubblica).

Nelle due regioni in cui si è votato i cittadini sono stati chiamati a esprimersi sul cosiddetto “regionalismo differenziato”, ossia la possibilità, per le Regioni a statuto ordinario di vedersi attribuite “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” (come recita l’Articolo 116 della Costituzione) in alcune materie indicate nel successivo Articolo 117. Chi ha votato Sì è per avere la possibilità che le Regioni possano chiedere di intraprendere il percorso istituzionale per ottenere maggiori competenze dal Governo; il No è contrario all’iniziativa. In Lombardia non è previsto un quorum, ossia un numero minimo di votanti, mentre in Veneto sì: affinché la consultazione sia valida, nella regione governata da Luca Zaia era necessario il voto della metà più uno dei 4.068.558 aventi diritto, 2.034.280 elettori.

(com.unica, 23 ottobre 2017)