La Banca centrale europea ha lasciato i tassi di interesse invariati, facendo sapere che il quantitative easing può ancora aumentare se le prospettive economiche dovessero peggiorare. Ma, se fossero confermate le stime sull’euro forte, la fine del programma potrebbe essere discusso già dopo la prossima riunione del consiglio direttivo del 26 ottobre (Nyt). Draghi ieri ha confermato che in caso di necessità, la Bce è pronta a incrementare il Qe in termini di quantità e di durata. Un chiaro altolà – scrive Mf – alle pressioni tedesche, ma soprattutto un atteggiamento da colomba con l’obiettivo di bloccare l’ascesa dell’euro. “La recente volatilità del cambio è fonte di incertezza e va monitorata”, ha sottolineato Draghi. Per rendere ancora più chiaro il messaggio, il numero uno dell’Istituto di Francoforte ha letto le nuove stime sull’inflazione: confermato l’1,5% quest’anno, ma riviste al ribasso quelle relative al 2018 e al 2019, rispettivamente all’1,2% dal precedente 1,3% e all’1,5% dall’1,6%.

Il presidente della Bce ha anche annunciato che i suoi tecnici hanno al rivisto al rialzo le stime di crescita del pil per quest’anno, a +2,2% dall’1,9%, mentre hanno confermato un +1,8% nel 2018 e un +1,7% nel 2019. Nel 2019 l’economia è vista pertanto in rallentamento. Quando un giornalista tedesco gli ha fatto una domanda sui possibili danni del Qe, Draghi ha risposto così: “Non vediamo effetti negativi del programma. E se ci fossero sarebbero largamente annullati dagli effetti positivi sulla crescita”. Ha poi precisato di non vedere “arrivare rischi sistemici da bolle speculative”. Draghi, infine, non ha voluto commentare le ipotesi, evocate da alcune parti politiche in Italia, di creare una nuova moneta da far circolare in parallelo all’euro. Mentre ha respinto in maniera netta un’altra ipotesi, circolata in Estonia, sulla possibilità di creare una criptovaluta di Stato: “Nessun Paese membro”, ha detto, “può introdurre una sua valuta, la valuta è quella dell’area euro”.

Quanto al fronte Brexit, il capo negoziatore europeo per la Brexit Michel Barnier si è detto “molto deluso” perché Londra “ha fatto un passo indietro rispetto a quanto annunciato a luglio” sugli impegni finanziari del Regno Unito verso la Ue (Indipendent). Intanto la premier Theresa May si è rifiutata di parlare davanti al Parlamento Ue della sua posizione sui negoziati (Guardian).

(com.unica, 8 settembre 2017)