Ieri alle 7 del mattino tre terroristi palestinesi hanno aperto il fuoco su un gruppo di soldati in divisa nella Spianata delle Moschee (o Monte del Tempio). Sono stati feriti tre agenti, due dei quali sono morti dopo il ricovero in ospedale. Subito dopo l’attentato c’è stato un inseguimento e i tre terroristi sono stati uccisi dai poliziotti. Dopo l’attacco, il capo della polizia di Gerusalemme, Yoram Halevi, ha annullato le preghiere sul Monte del Tempio e ha ordinando la chiusura del complesso per tutta la giornata. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che Israele continuerà a preservare lo status quo sul Monte del Tempio. I tre aggressori venivano da Ul al Ahum e, secondo quanto riferiscono i media israeliani, i tre erano arabi con passaporto israeliano. Dall’ottobre 2015, quando è iniziata la cosiddetta “Intifada dei coltelli”, sono oltre 40 gli israeliani rimasti uccisi in attacchi di questo tipo.  “Un attacco di questo genere sul Monte del Tempio è un evento estremamente grave, con serie implicazioni in ambito diplomatico e internazionale”, ha dichiarato il commissario capo della polizia israeliana Roni Alsheich. In un video si vede uno dei terroristi a terra, apparentemente ferito e circondato da agenti, che improvvisamente balza in piedi e cerca di accoltellare uno poliziotto, ma viene colpito prima che possa causare altre vittime. 

Il muftì di Gerusalemme, Mohammad Hussein, che aveva chiesto ad Israele di consentire la preghiera dei musulmani nella Spianata della Moschea, è stato interrogato dalla polizia. Anche diverse fazioni palestinesi hanno chiesto a Israele di cancellare la misura, che non veniva presa da vari anni, e hanno esortato i palestinesi ad avvicinarsi alla zona per manifestare la propria protesta.

Hamas e Jihad islamica hanno esultato, sia pure senza rivendicare la paternità dell’attacco. Abdel Latif Qanou (Hamas) ha detto alla stampa che “la benedetta operazione di martirio mette in evidenza la determinazione del nostro popolo a resistere alla brutale occupazione” e che essa è anche “una conseguenza naturale di una serie di crimini” attribuiti dai palestinesi ad Israele.

(com.unica, 15 luglio 2017)