[ACCADDE OGGI]

In un comunicato alla stampa di qualche giorno fa la famiglia di Michael Jackson scrive “i fan di Michael preferiscono ricordare i doni meravigliosi che ha lasciato al mondo, invece di dover vedere ancora una volta il suo nome trascinato nel fango dai tabloid…Tutto quello riportato nel rapporto della contea di Santa Barbara è falso, e senza dubbio è stato programmato per l’anniversario della morte di Michael. Queste persone continuano a sfruttare vergognosamente il suo nome, ignorando che è stato assolto da una giuria nel 2005 per le accuse avviate nei suoi confronti in una caccia alle streghe fallita”.

Anche noi preferiamo ricordare quel tragico 25 giugno 2009 quando il mondo incredulo apprese della morte del re del pop Michael Jackson senza soffermarci sulle brutture che accompagnarono gli ultimi anni della breve esistenza dell’artista afroamericano.

Certo Michael non ebbe un’infanzia normale in quella modestissima casa di Gary vicino Chicago abitata in promiscuità con altri nove tra fratelli e sorelle e con la madre testimone di Geova e il padre alcolizzato e violento.

Il meritato successo di cantante, ballerino, modello e attore lo visse sempre guardando dietro come a riscattare un’esistenza tragica di un bimbo che non fu tale in una società che non amava il colore della sua pelle e che sempre più relegava gli esclusi tra le bidonville delle città metropolitane.

Si fece costruire una casa che ricordava i castelli delle fiabe per viverci come in un mondo incantato di cartapesta come il suo volto imbiancato dalla vitiligine e dalla cocciuta ricerca di “normalità”. E si circondò di bambini e ragazzi per giocare a quei giochi che gli erano stati negati.

Ma i ricordi bui sempre affioravano e gli impedivano il sonno come in quella sera del 25 giugno 2009 quando un medico poco accorto e perciò condannato per omicidio colposo gli somministrò quel miscuglio di sedativi che lo portarono al sonno eterno.

(Franco Seccia/com.unica 25 giugno 2020)