Il ministro alla Difesa russo ha dichiarato che i velivoli statunitensi e degli altri Paesi della coalizione internazionale anti-Isis che sorvoleranno i cieli siriani saranno considerati potenziali bersagli dell’aviazione russa (Reuters). Mosca ha anche sospeso l’intesa con gli Usa sulla sicurezza dei voli. La decisione è arrivata dopo l’abbattimento di un jet siriano da parte delle forze statunitensi, avvenuto domenica a sud di Tabqa, nella provincia di Raqqa. Per il Pentagono e per il generale Mattis che lo guida la priorità non sarebbe la Siria bensì la “riscossa” in Afghanistan. A Washington – fa notare oggi il Corriere – c’è grande agitazione, dopo che l’altro ieri un caccia americano ha abbattuto un jet siriano, a sud di Raqqa. Alcuni consiglieri della Casa Bianca, Ezra Cohen-Watnick e Derek Harvey, premono perché gli Stati Uniti affrontino le milizie iraniane che appoggiano Bashar Al Assad. Dal Pentagono fanno sapere che non se ne parla nemmeno. Ed è quindi molto probabile che la cosa finisca qui, per un motivo molto semplice. Il 14 giugno Donald Trump ha consegnato una delega in bianco a Mattis: gestisci tu, in autonomia, le operazioni militari in Medio Oriente. La decisione del presidente è stata accolta con sollievo dai repubblicani.

Intanto il primo ministro israeliano Netanyahu ha smentito la notizia, riportata dal Wall Street Journal, secondo cui Israele starebbe finanziando gruppi di ribelli in Siria contro il regime di Assad (The Times of Israel). Il generale iraniano Ramazan Sharif ha detto che i missili lanciati, lunedì notte, contro l’Isis in Siria non sono solo una rappresaglia per gli attentati che hanno colpito Teheran il 7 giugno, ma anche “un messaggio per i sauditi e gli americani”. Le forze irachene, sostenute dagli Stati Uniti, hanno lanciato l’offensiva per colpire gli ultimi combattenti dell’Isis nascosti a Mosul, la capitale del Califfato. Sono almeno 100mila i civili intrappolati nella città vecchia.

(com.unica, 20 giugno 2017)