Dopo la grande vittoria alle presidenziali, Emmanuel Macron è atteso da molte sfide complicate. Deve dare vita a un partito in pochi giorni per scegliere i candidati da portare alle elezioni legislative di giugno, decisive per ottenere il sostegno parlamentare. Poi deve ravvivare l’economia francese e frenare la disoccupazione al 10%. La prima riforma sarà sul lavoro, scrive il Sole 24 Ore. E ieri sinistra e sindacati sono già scesi in piazza contro il programma del nuovo presidente da loro definito “neoliberista”, uniti dallo slogan “lo Stato non è un’azienda”. Intanto per domenica prossima è atteso il passaggio di consegne Hollande-Macron e subito dopo l’annuncio del nuovo premier, di cui il nuovo inquilino dell’Eliseo ha delineato il profilo: dovrà avere l’esperienza politica per poter assicurare una maggioranza presidenziale.

La prima visita all’estero del nuovo presidente sarà a Berlino da Angela Merkel. Proprio domenica scorsa la cancelliera tedesca, oltre a ricevere la bella notizia della vittoria del più europeista dei candidati francesi, ha anche ottenuto un risultato inaspettato nel Land più a nord al confine con la Danimarca, lo Schleswig-Holstein. Il candidato di Merkel, Daniel Günther, ha battuto il governatore socialdemocratico uscente Torsten Albig, che fino a poco tempo fa era dato per vincente. Un incontro quindi molto significativo, che molti vedono come il primo passo per rinsaldare l’asse Parigi-Berlino. Un possibile rafforzamento legato a un cambio di rotta della politica monetaria europea a cui guardano con una certa fiducia i mercati e che dovrebbe riguardare da vicino anche gli altri partner europei, a cominciare dall’Italia.

Si tratta di capire in altri termini se il nuovo presidente francese consideri l’asse con la Francia in un’ottica di restaurazione oppure, come ha fatto intendere in campagna elettorale, come primo passo per cambiare l’Unione europea. Che nel suo programma dovrebbe dotarsi di un budget, di un Parlamento e di un ministro delle Finanze per l’eurozona. Un’altra novità importante è quella di imporre l’accesso agli appalti pubblici nella Ue solo alle imprese che realizzino almeno la metà del loro fatturato in Europa: un modo per cogliere almeno in parte le istanze del «protezionismo intelligente» della Le Pen. Alcuni osservatori però notano come la vittoria di Macron non rafforzi affatto le posizioni di coloro che spingono per politiche economiche più espansive e più “flessibili”: secondo il Financial Times il risultato elettorale sgombra innanzitutto il campo dal rischio di una rottura a breve della moneta unica e rafforza la posizione di quanti, Bundesbank in testa, vorrebbero spingere Mario Draghi sulla via della stretta monetaria mediante una rapida uscita dal Quantitative easing (Qe), il programma di acquisto di titoli di Stato della Bce in atto dal 2015 e di cui il nostro paese beneficia forse più di chiunque altro. 

(com.unica 9 maggio 2017)