Referendum costituzionale in Turchia: il Reis vince con il 51% dei consensi. Potrà governare senza contrappesi e restare al potere fino al 2034.

La Turchia approva la riforma costituzionale voluta dal presidente Recep Tayyip Erdoğan con il 51,3% dei consensi.  La riforma è composta da 18 articoli che cancellano la figura del premier e conferiscono al Capo dello Stato forti poteri legislativi, esecutivi e giudiziari: il presidente della Repubblica potrà nominare e revocare i ministri, emettere decreti su materie di competenza del governo, sciogliere il Parlamento e nominare i membri del Consiglio superiore della magistratura. Con l’approvazione della nuova costituzione Erdogan potrebbe restare al potere fino al 2034. Ora tutto sarà concentrato nelle mani del presidente e non ci sarà più la figura del premier. Per gli avversari il nuovo sistema non avrà alcun contrappeso, aprendo la strada a un regime autocratico.

Il No ha vinto soprattutto nelle grandi città come Ankara, Istanbul e Smirne. Le opposizioni denunciano brogli: sarebbero state conteggiate un milione e mezzo di schede prive del timbro di convalida del seggio (Lettera43). Queste le parole di Bulent Tezcan, il Chp, che ha così ha commentato la decisione del Consiglio di autorizzare per la prima volta il conteggio delle schede senza timbro ufficiale: “Il Consiglio elettorale supremo ha cambiato le regole del voto. Questo significa permettere brogli creando un serio problema di legittimità”. 

“La nostra nazione ha mostrato maturità, gli alleati rispettino la nostra decisione”, ha detto il Sultano subito dopo aver appreso il risultato del voto. “Abbiamo ancora molto da fare insieme, continueremo ad andare avanti per la nostra strada. Abbiamo incontrato ostacoli, ma con il volere di Allah non ce ne saranno più. La Turchia farà passi avanti avvicinandosi ai Paesi più sviluppati» ha affermato ancora Erdogan nel discorso pronunciato davanti a una folla in festa, “Voglio essere il servo di questa nazione, non il padrone”.

Il potere assoluto nelle mani di Erdogan pone nuovi interrogativi rispetto al ruolo chiave della Turchia che, ricordiamo, è un Paese chiave per la guerra in Siria, fa parte della Nato, doveva entrare nell’Ue, sostiene al Sisi in Egitto e Haftar in Libia, strizza l’occhio a Putin. Che succederà adesso? Il Paese entra ora di fatto nell’orbita mediorientale, fa notare Alberto Negri sul Sole 24 Ore. Le sponde del Mediterraneo si allontanano, scrive su La Stampa Marta Ottaviani, autrice di una recente biografia di Erdogan (Il Reis, ed. Textus). “Una Turchia che non è più Europa, ma che sull’Europa rischia di impattare e anche in modo molto serio. Il maggiore successo, a Erdogan, lo ha regalato proprio il voto all’estero. Qui il sì alla riforma del Reis ha toccato il 59%. I Paesi dove si sono registrati i consensi più alti sono quelli con cui, nelle scorse settimane, Erdogan ha polemizzato in modo più acceso, apostrofandoli a volte come «nazisti» e «crociati»: Olanda, Germania, Austria e Danimarca. “Questo indica tre cose: il primo è un fallimento nell’integrazione, per quanto, dato il carattere particolarmente, geneticamente nazionalista di questo popolo, è particolarmente difficile – sottolinea Ottaviani. Il secondo è un processo di radicalizzazione evidente nelle comunità all’estero. Il terzo parte da lontano, ancora dall’inizio del XX secolo, alla dissoluzione dell’Impero Ottomano, se non addirittura dalla Caduta di Costantinopoli. Riferimenti che possono sembrare anacronistici per un europeo, ma che non lo sono per un turco e che testimoniano una cosa: dopo un momento di speranza e apertura le due sponde del Mediterraneo si sono allontanate, forse irrimediabilmente”. 

(com.unica, 17 aprile 2017)