Prende il via giovedì 20 aprile, nel complesso archeologico delle Case Romane del Celio (Clivo di Scauro), “Pìetas”, la mostra di Corrado Veneziano a cura di Raffaella Salato.

L’esposizione, in programma fino al 2 maggio prossimo (tutti i giorni, dal giovedì al lunedì, con orario 10.00-13.00 e 15.00-18.00, ingresso al pubblico: intero 8 euro, ridotto 6 euro), presenta dieci tele di lino installate su strutture autoportanti che interpretano e riprendono la struttura visiva della Sacra Sindone. I dieci sudari, che rappresentano altrettante figure umane immaginate in posizione funebre, richiamano alla mente dello spettatore alcuni personaggi tristemente noti, annoverabili fra i despoti e i dittatori più sanguinari del XX e XXI secolo: Hitler, Mussolini, Pol Pot, Videla, Batista, Bin Laden, Gheddafi, Mobutu e Pinochet.

Ritratti a misura reale, con le palpebre chiuse e le mani congiunte sotto il ventre in una postura che ricorda la Sacra Sindone, i soggetti di questi lavori, su cui evidente è il lavorìo intenso condotto dalla mano dell’artista, presentano i tratti del viso e del corpo trasfigurati e colti in una dimensione eterea e astratta che solo la percezione della morte può produrre.

Nell’attimo solenne della dipartita, dunque, come dimostrano le opere di Veneziano, anche il volto di un individuo, assolutamente esecrabile in vita e privo di alcun genere di pentimento, può essere rappresentato in un’espressione più umana e dignitosa, risultato di quell’elevato sentimento della pìetas latina, come se la scomparsa terrena sia capace di allontanare lo sdegno e il ripudio per portare al suo posto una qualche forma di rasserenamento.

Molteplici le domande che l’esposizione pone, infinite le questioni estetiche e artistiche, le problematiche politiche, religiose, psicologiche e sociologiche. In questo senso la mostra diventa l’occasione per riflettere sulla distanza tra mondi incomparabili o distanti, come quello della vita e della morte, della immanenza e della trascendenza, della guerra e della pace. Mentre, per l’ennesima volta, come ha scritto in passato Achille Bonito Oliva le opere di Veneziano ”massaggiano il muscolo atrofizzato della memoria collettiva”.

(com.unica. 16 aprile 2017)