[ACCADDE OGGI]

Era venerdì quel 12 marzo 1909 e da buon campano di Padula, la città della stupenda Certosa in provincia di Salerno, Giuseppe Petrosino avrebbe dovuto sapere che di “venere e di marte non si ride e non si parte”. Ma lui era diventato americano e si chiamava Joe e forse credeva più nella malasorte del giorno 13 che però non riuscì a vedere perché alle 20,45 di quel 12 marzo 1909, mentre attendeva il tram a Piazza della Marina di Palermo, 4 colpi di pistola lo uccisero.

Avrebbe compiuto 50anni a fine agosto il mitico poliziotto newyorchese, il campione della lotta alla “mano nera”, il nome dato dagli americani all’organizzazione criminale del racket che taglieggiava New York con la richiesta del pizzo a commercianti e a cittadini benestanti. Joe era arrivato emigrante nella città della statua della libertà quando aveva solo 13anni e subito si era messo a lavoro intraprendendo umili mestieri tra cui il lustrascarpe per vincere la fame e la miseria che regnava a Little Italy.

Mentre lustrava le scarpe ai poliziotti della mela, quasi tutti di origine irlandese, alti e belli nella loro uniforme nera e luccicante, Joe, italiano, piccolo di statura e tarchiato, sognava la divisa, voleva essere anche lui un poliziotto, era desideroso di rispetto per lui e per la sua gente. Intanto, i bastimenti continuavano a sfornare emigranti italiani costipati nelle baracche della quarantena di Ellis Island prima di raggiungere la suburra di Little Italy, e il degrado e la disperazione infoltiva le schiere della malavita.

Per Joe Petrosino che nel frattempo, rubando le ore al sonno aveva studiato, era un ulteriore affronto sentire gli altezzosi poliziotti parlare degli italiani come di gente malavitosa, e aiutato dalla lingua madre e dalla buona conoscenza della lingua inglese, non senza ostacoli fu ammesso tra i poliziotti addetti a Ellis Island nell’ufficio immigrazione. Questo gli consentì di raccogliere notizie e di tramutarsi in agente informatore per fatti di crimini, anche quelli di natura politica che a quell’epoca erano frequenti tra le bande anarchiche che varcavano l’oceano.

In breve divenne un poliziotto di tutto rispetto e quando le maglie della polizia newyorchese si allargarono e si aprirono agli italiani ne divenne il capo. Fu allora che partì la sua crociata al mondo malavitoso di origine italiana allo scopo di dimostrare che non tutti i suoi ex connazionali erano delinquenti. Fu una lotta dura alle cosche mafiose che oramai si erano ramificate e che traevano linfa dalle lontane sponde siciliane. E lui volle inseguirli fin lì incurante di un venerdì e convinto che la divisa così agognata e conquistata lo avrebbe protetto anche nella nobile e antica terra delle meravigliose “oranges”.

Oggi, a distanza di più di un secolo sappiamo che Joe Petrosino fu ucciso da un tale Paolo Palazzotto su incarico di don Vito Cascio Ferro il famigerato mafioso italo americano catturato dal “prefetto di ferro” Cesare Mori. Vito Cascio Ferro morirà nel carcer12e di Pozzuoli assalito dal terrore per il feroce bombardamento americano del 1943 …e non si trattò della vendetta del suo nemico giurato Joe Petrosino.

(Franco Seccia/com.unica, 12 febbraio 2020)